Confimprese: per la ristorazione retail prospettive fosche
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Confimprese: per la ristorazione e il food retail prospettive fosche

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- Confimprese futuro ristorazione - Confimprese food retail report

Che futuro si attende per la ristorazione in Italia? La risposta arriva da una ricerca del Centro studi retail di Confimprese che  ha analizzato il settore della ristorazione su un campione composto per il 40% dal casual dining, per il 30% dalla ristorazione senza servizio al tavolo, per il 25% da bar/coffee shop e per il 5% dalle gelaterie. Risultato? Tanta preoccupazione.

Confimprese: gli aumenti di utenze e materie prime sono una spina nel fianco.

Dall'analisi di Confimprese emerge "una situazione ancora molto incerta nonostante la fine delle limitazioni e la voglia di normalità che spinge i consumi", sintetizza Mario Maiocchi, direttore del Centro studi retail Confimprese. Diversi i motivi di questo sentiment negativo, figlie soprattutto di una condizione di mercato in sofferenza per cause esogene. Su tutte, l'aumento di costi: "Le utenze, spina nel fianco per le imprese, sono la voce che ha subito gli incrementi maggiori. Il 65% delle aziende registra variazioni superiori al 31% con picchi addirittura oltre il 50%, mentre il 70% indica un aumento dei costi delle materie prime alimentari tra l’11% e il 30%. Quest’ultima voce incide in media per oltre un quarto sul fatturato. I costi delle materie prime non alimentari aumentano maggiormente rispetto a quelle alimentari, tanto che il 60% indica un incremento tra +21% e +40%, ma l’incidenza sul fatturato di questa voce risulta molto più bassa con una media del 6,3%", sottolinea Maiocchi.

Penuria di personale nella ristorazione e il costo del personale aumenta.

C'è poi il problema del personale (tema già sottolineato da Ristorazione Moderna come una delle sfide da vincere per il prossimo futuro del food retail). Oltre la metà dei retailer, pari al 55%, dichiara un aumento del costo del personale dovuta alla mancata disponibilità di nuove risorse da assumere, con incrementi fino al 10% per quasi 3 aziende su 4. La difficoltà emerge con maggiore forza soprattutto per gli operatori del casual dining (75%) e per bar/coffee shop (60%).

L'impatto sul listino prezzi: 3 aziende su 4 hanno già previsto un aumento.

Costi in crescita che finiscono per pesare sul listino dei prezzi. Quasi 3 aziende su 4 hanno già previsto una maggiorazione del prezzo riservato all'utrente finale, soprattutto per quanto riguarda le pietanze consegnate tramite delivery rispetto al consumo on-site. Ciò nonostante, l’aumento del listino prezzi potrebbe risultare insufficiente per coprire gli aumenti dei costi. E potrebbe risultare un boomerang ancor più pericoloso per la tenuta del business model se si aggiunge il fatto che, nel frattempo, diminuisce il potere di acquisto dei consumatori. Non a caso, i rispondenti alla ricerca di Confimprese hanno già sottolineato la predilezione per l'acquisto di piatti meno costosi o comunque in offerta. In generale, la maggior parte delle aziende indica anche che questi cambiamenti non sono di passaggio e pensa che ci sarà un lungo periodo di aumento dei prezzi e crisi economica. A conti fatti, quindi, l’85% delle aziende dichiara che la dinamica dei prezzi e l’inflazione, con la conseguente riduzione del potere d’acquisto, costituiscono le maggiori preoccupazioni. 

Consumatori preoccupati preferiscono piatti economici.

Ma cosa ne pensano i consumatori? Secondo il report del Centro studi retail di Confimprese, che in questo caso si è appoggiato alle rilevazioni di Innovation Team-Cerved, il 91,8% delle famiglie teme le conseguenze economiche dell’attuale situazione geopolitica. Altrettanto elevato è il timore per l’impatto della dinamica dei prezzi, tanto che i consumatori hanno adottato contromisure per fronteggiare il caro prezzi, riducendo gli acquisti (60,8%) soprattutto di beni non durevoli (41,1%). Queste preoccupazioni trovano fondamento nella situazione economica familiare, in peggioramento per 1 famiglia su 3. A tendere, per 8 famiglie su 10 il prossimo futuro si prospetta un momento difficile. Negli ultimi tre mesi, 3 famiglie su 4 hanno riscontrato un aumento nelle voci di prezzo dei menù, valutato rilevante in tutte le tipologie di ristorazione (bar e gelaterie, ristoranti, fastfood). Una persona su 2 riferisce differenze di prezzo anche tra la consumazione in loco e il take away/delivery.

Meno uscite in bar e ristoranti, la distanza fra brand e consumatori.

Rimane anche una forte distanza di percezione e comprensione fra brand e consumatori. Gli aumenti dei listini sono ritenuti poco giustificati alla luce degli incrementi di costo delle materie prime da parte di 3 famiglie su 4, mentre solo il 22,1% degli intervistati li valuta giustificabili. Le attese in merito sono di aumenti strutturali per 28,2% delle famiglie, cui si aggiunge il 43,7% che ritiene di avere davanti un lungo periodo di aumento dei prezzi e di crisi economica. In reazione agli aumenti di prezzo nella ristorazione, il 60% ne ha ridotto la fruizione, mentre il 35% opta per ristoranti più economici e un altro 23% rinuncia alla qualità dei prodotti.