Alessio Matrone, founder di IT Restaurants: 6 locali fine dining a livello internazionale
Alessio Matrone, founder di IT Restaurants: 6 locali fine dining a livello internazionale
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Alessio Matrone (IT Restaurants): "Dopo ByIT, pronte nuove aperture"

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L’ultima venue è quella di ByIT a Milano, format dedicato al dopocena che evolve ulteriormente l’offerta del gruppo IT Restaurants guidato da Alessio Matrone. Alle spalle, un’avventura iniziata nel 2015 con il primo ristorante di “cucina italiana internazionale”, come la definisce il fuonder, che ha saputo determinare uno standard tale da poter guardare a un’ulteriore fase di espansione dei marchi (che oggi contano su un totale di 6 punti vendita attivi fra Italia, Spagna, Regno Unito e Messico). Un chiaro esempio di come il food retail non sia solo appannaggio delle insegne commerciali ma un modello di business che esalta le imprese che mettono qualità ed esperienzialità al primo posto. 

L’intervista ad Alessio Matrone (IT Restaurants).

Come si è chiuso il 2024 e che progetti ci sono per l’anno in corso?

Il 2024 è stato un anno positivo per il gruppo chiuso a 12 milioni di fatturato netto. Ibiza e Milano le nostre location capofila. Proprio nel capoluogo lombardo, lo scorso anno abbiamo consolidato il progetto IT Maison all’interno del Maison Hotel (parte del circuitp UNA Hotels, ndr): un modello leggermente diverso dai precedenti, un ambiente ibrido, quasi una gemma nascosta. Doveva essere un’iniziativa temporanea, di tre mesi, ma siamo riusciti a trovare una formula capace di conquistare sia i clienti della struttura sia i residenti della zona. E ora siamo pronti a portala fuori dai confini cittadini sfruttando il canale hotellerie e il modello del management contract. Lo stesso che utilizzeremo a giugno per aprire le porte del nuovo IT Restaurant a Malta. Altre aperture le faremo a Madrid e a Il Cairo fra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.

Dove e come nasce questa impresa ristorativa?

Io vengo dal mondo delle telecomunicazioni. L’idea di aprire un ristorante a Ibiza arriva da una chiacchierata tra amici. All’inizio ero un semplice investitore, poi mi sono buttato in prima persona anche grazie al successo della prima apertura. Dieci anni fa fummo bravi e fortunati nel cogliere che mancava a Ibiza una location premium dining che si differenziasse dalle proposte di cucina locale e diventata, nel corso del tempo, un vero e proprio place to be. La stessa formula poi la replicammo a Milano qualche anno dopo, arrivando a ricevere una stella Michelin, e a Londra nel 2019. Peccato che il Covid fosse dietro l’angolo. Nonostante ciò ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo tenuto duro e siamo andati avanti. Dopo la pandemia sono arrivati i locali di Porto Cervo e Tulum. Tutte declinazioni di un concetto semplice: una location dove mangiare bene e, soprattutto, stare bene. Insomma, un’ospitalità che parte dalla proposta gastronomica per andare oltre creando un’atmosfera unica, in cui servizio e intrattenimento si fondono insieme. In tutti i locali, per esempio, abbiamo inserito un DJ che accompagna il momento del pasto e la cui rilevanza, anche in termini di decibel, aumenta con il passare delle ore trasformando il ristorante in un locale a tutto tondo.

IT Restaurants Ibiza

Che tipo di cucina proponete?

La definirei una cucina italiana internazionale; semplice ma tecnica e ricercata. Come il nostro must: lo spaghetto ai 5 pomodori. In generale direi che proponiamo una sorta di fusion evoluto in linea con le richieste e le aspettative dei nostri ospiti. Spazio quindi alla tartare, alla pizza sottile, alla carne e al pesce. Il tutto condensato in un menu che viene replicato nelle diverse location al 60-70% per lasciare spazio poi alle ricette più locali. Il tutto per uno scontrino medio che varia dagli 85 ai 110 euro a persona.

Con ByIT avete spinto l’acceleratore sulla mixology.

Decisamente. Grazie al contributo del bar manager Dario Schiavoni, che ha firmato la carta dei cocktail, abbiamo deciso di alzare l’asticella e portare a un livello superiore la proposta già elevata presente negli altri locali. I pilastri sono Negroni, Margarita, Daiquiri e Highball; ognuno declinato in tre versioni: una più leggera, una più fedele all’originale e una in chiavegastronomica, pensata per il food pairing. Tra rivisitazioni dei grandi classici e creazioni audaci, spiccano poi i 4 signature cocktail creati appositamente da Schiavoni. A questa proposta si aggiunge un menu gastronomico curato dall’head chef del gruppo, Aldo Palladino e composto da piccoli assaggi creativi, pietanze che si possono mangiare con le mani, in un sol boccone. Dietro al concept c’è quindi un’idea semplice ma ambiziosa: creare un luogo dove il piacere del buon bere e del mangiare possano dialogare in un modo nuovo e diretto. Abbiamo messo insieme idee, visioni e talenti, dando vita a un’esperienza che fosse insieme sofisticata e accessibile, curata nei dettagli, ma libera da formalità.

GALLERIA:

Possiamo quindi dire che IT ha completato il cerchio e dato vita a una vera e propria insegna fine dining food retail?

Direi di sì, anche se per la tipologia di proposta non dobbiamo aspettarci una diffusione capillare quanto una selezione di venues posizionate nelle principali capitali internazionali. Detto ciò, da tempo ci siamo strutturati per supportare una crescita world wild: il controllo di gestione è centralizzato in Italia dove gestiamo anche una parte degli acquisti del secco, mentre il resto viene demandato al management delle singole location che hanno il polso della disponibilità delle materie prime locali. Ad Ibiza possiamo addirittura contare su alcuni terreni di nostra proprietà in cui si coltiva parte del prodotto utilizzato nel ristorante. Infine, per quanto riguarda gli alcolici, abbiamo degli accordi quadro con le grandi aziende di riferimento ma poi la logistica viene gestita localmente coinvolgendo il singolo distributore nella catena di approvvigionamento.

Come tutte le catene, ci sono alcune sfide da affrontare. Partiamo dall’immobiliare. Vista la destinazione delle vostre location, com’è l’andamento all’estero?

In Spagna, per l’apertura di Madrid, riscontriamo qualche difficoltà dovuta a un key money molto alto. C’è una forte richiesta da parte dei grandi brand e questo aumenta le quotazioni. Totalmente diverso invece il discorso in Gran Bretagna dove, fra Brexit e Covid, siamo di fronte a un mercato che ha sovvertito le sue classiche dinamiche. Di fatto, molti investimenti si stanno spostando verso altre mete, come il Medio Oriente. Non a caso anche noi stiamo guardando a quest’area, con un focus sugli Emirati Arabi.

Il personale, invece?

Le criticità le viviamo sempre in UK: la sì che c’è una criticità di manodopera. Una scarsità a cui non riusciamo a mettere mano nemmeno con la rotazione dei vari addetti a causa di una legislazione molto restrittiva. Anche a livello fiscale.

Infine il digitale. In format come quelli di IT, che ruolo gioca?

Prettamente in backend. Utilizziamo il digitale per migliorare l’esperienza del cliente con un sistema di CRM molto avanzato che ci permette una profilazione puntuale dei clienti ricorrenti. Se sono già censiti dal nostro sistema, sappiamo che tipologia di cibo prediligono, che pairing proporre, quanto si fermerà nei nostri locali, ecc. Tutte informazioni che ci permettono di anticipare le sue esigenze al fine di allungare la sua permanenza nel punto vendita.

di Nicola Grolla