Stefano Trifone e Gustavo Zatt, manager di NielsenIQ
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NielsenIQ: "Ecco come nasce un menu innovativo di successo"

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Come si costruisce un menu innovativo e di successo? La risposta è arrivata dai Menu Innovation Awards. Un contest organizzato a livello europeo da NielsenIQ. a partire dalle scelte dei consumatori, ha premiato 14 proposte gastronomiche al passo con le ultime evoluzioni di gusto e consumo. Fra queste anche tre piatti italiani: Italian Kings di Burger King, Levante de La Piadineria e Wow Burger di Autogrill. Tre casi di successo che dimostrano come ricerca e sviluppo, ascolto del cliente e la giusta dose di marketing rappresentino le chiavi di un mercato del fuoricasa sempre più in evoluzione. Ne abbiamo parlato con Gustavo Zatt, responsabile Europa di NIQ BASES Restaurant e Stefano Trifone, innovation business partner di NIQ BASES.

L'intervista a Gustavo Zatt e Stefano Trifone (NielsenIQ). 

Fra le priorità dei consumatori, il fuoricasa è in calo. Quali sono i fattori che determinano questa scelta?

GZ: Dai dati che abbiamo raccolto, sia in Italia che in altri Paesi a livello europeo, abbiamo notato che persiste una coda lunga determinata dagli effetti della pandemia sulle abitudini di consumo dei clienti. Un esempio su tutti: la familiarità che abbiamo ormai acquisito con il food delivery e l’idea di farsi portare a casa la cena. A questi effetti si aggiungono fattori più recenti come l’inflazione e la conseguente riduzione del potere di acquisto dei clienti, la mancanza di manodopera specializzata, l’aumento dei costi energetici, la difficoltà di approvvigionamento dovuta alle attuali tensioni geo-politiche e i mutamenti di gusto in termini di referenze acquistate. Ad oggi le aziende devono ancora trovare il giusto equilibrio su cui rimodulare una proposta food&beverage capace di attrarre i nuovi consumatori che si trovano di fronte. D’altro canto, le opportunità per il fuoricasa non mancano. C’è un certo momentum che, nonostante tutto, continua a trainare la voglia di uscire, di incontrarsi con parenti e amici.

Insomma, si apre una finestra su un rinnovato concetto di sostenibilità: non solo di prodotto ma anche di servizio. Come viene declinata?

ST: Il tema della sostenibilità è centrale, sia per quanto riguarda i modelli di business che per la produzione agroalimentare. Da questo punto di vista, l’attenzione si sposta lungo tutta la filiera. Non solo sul modo in cui sono realizzati i singoli ingredienti ma anche su come vengono trasportati o trasformati nel punto vendita. Non sorprende, per esempio, che fra i vincitori dei Menu Innovation Awards ci siano diverse proposte plant based, con una carbon footprint più bassa delle tradizionali proposte a base animale. Un modo per aumentare l’inclusività della proposta gastronomica a fronte di un ventaglio di profili di cliente sempre più diversificato. Altra componente fondamentale è il packaging, più precisamente il materiale con cui è realizzato sia quello utilizzato per il consumo in loco - ossia posate, tovaglioli, stoviglie - sia per il delivery o take away.

GZ: Tutto questo ha un risvolto diretto e misurabile sulle imprese del fuoricasa. Quelle che sono state in grado di implementare azioni sostenibili, sia a monte che a valle del momento del consumo stesso, hanno visto aumentare le proprie vendite di circa il 10-15%.

ST: In generale, va sottolineato che il tema della sostenibilità è un trend in forte crescita. Lo monitoriamo da qualche anno e assume sempre più rilevanza tanto da diventare un criterio di scelta fra un ristorante e l’altro. E, soprattutto quando si lanciano nuovi piatti e nuovi brand, la sostenibilità è un driver importante per sostenere un price premium.

Elementi che hanno determinato i vincitori del Menu Innovation Awards. Come si è strutturata la selezione?

GZ: Siamo partiti da un paniere di circa 160 nuovi idee culinarie emerse nei cinque maggiori mercati europei. Successivamente, abbiamo deciso di sottoporle alle scelte dei clienti, basandoci sulle preferenze di oltre 3.000 utenti suddivise secondo due criteri: la rilevanza e l’unicità del prodotto. Individuate le 14 innovazioni più cogenti, oltre a premiarle, abbiamo approfondito ulteriormente il processo che ha portato alla loro creazione e i prossimi passi per rimanere competitivi sul mercato.

Fra i vincitori, ci sono anche dei brand italiani. Quali sono state le caratteristiche principali che gli hanno consentito di farsi apprezzare dal pubblico?

ST: Partiamo dalla Levante della Piadineria. Nel suo impetuoso di crescita, il brand ha introdotti dei ristoranti Tasty & Free, dedicati in particolare ai consumatori che soffrono di intolleranze alimentari, a partire dai celiaci. In quest’ottica, si inserisce la Levante: ricetta pensata ad hoc, caratterizzata da naturalezza e freschezza degli ingredienti, essenzialmente vegetali, come la crema di ceci che a sua volta si inserisce nel macro-trend delle alternative alle proteine animali. Un enorme successo. Tanto che questa piadina è stata poi introdotta nei menu dei format tradizionali della catena per rispondere alla necessità di rispondere alle esigenze di un profilo sempre più flexitariano, ossia colui che mangia anche prodotti a base animali ma di tanto in tanto ama introdurre nella propria dieta delle varianti vegane e vegetariane. Il lancio è stato supportato da una campagna marketing digitale rivolta in particolare ai consumatori più giovani, sempre più attenti ai propri stili di consumo. I feedback raccolti hanno poi permesso all’insegna di continuare a evolvere non solo la singola ricetta ma anche tutto l’approccio all’ingredientistica utilizzata nei propri menu al fine di individuare soluzioni sempre più funzionali alle esigenze dei clienti. Logiche simili sono alla base anche del Wow Burger di Autogrill che, peraltro, presenta altre indicazioni davvero interessanti. La prima, riguarda l’alleanza fra un brand del food retail e un produttore, in questo caso Nestlé attraverso la gamma di prodotto plant based Garden Gourmet. La seconda è l’attenzione alla combinazione, in termini di ricerca e sviluppo, di tre obiettivi: gusto, ossia cercare di replicare il piacere dell’hamburger tradizionale grazie all’utilizzo di curcuma, piselli e altri elementi salutari senza per questo scendere a compromessi con il sapore finale; salubrità, ossia il corretto bilanciamento nutrizionale degli ingredienti all’interno di una ricetta semplice e riconoscibile; visual appeal, inteso come presentazione invitante del prodotto, quasi instagrammabile.

Quest’ultimo aspetto è forse la chiave di volta per catturare l’attenzione di clienti sempre più phygital. L’idea è quella di instillare nei consumatori dei pattern mnemonici capaci di produrre degli automatismi di scelta. Come ci si riesce?

GZ: Si deve lavorare su due leve. La prima è quella di rendere i prodotti innovativi disponibili a livello mentale e fisico. Detto diversamente, attraverso campagne di comunicazione e marketing i brand devono riuscire a ingaggiare i clienti sottolineando l’innovatività del prodotto stesso a cui far seguire un’effettiva disponibilità all’interno dei propri menu. In questo, per esempio, risiede il concetto di instagrammabilità del prodotto a cui, però, deve seguire la capacità di replicarlo nei diversi punti vendita.

ST: Sintetizzando, sono la coerenza e la consistenza della proposta che riescono a costruire quei pattern mnemonici che rendono il prodotto innovativo un prodotto di successo.

Alla luce delle difficoltà contingenti della ristorazione tradizionale in questo momento storico, che arrivano a colpire anche format stellati e fine dining, pensate che il testimone dell’innovazione di prodotto ora sia passato nelle mani delle catene del food retail?

GZ: Difficile rispondere in modo netto. Di certo il modello di business del food retail permette alle insegne, da un lato, di investire maggiormente in termini di ricerca e sviluppo e, dall’altro, di sperimentare su una rete più ampia e un bacino più vario le proprie innovazioni. Questo non significa che la ristorazione tradizionale sia fuorigioco. Piuttosto, penso che il loro asso nella manica risieda ancora nell’autenticità della proposta, nell’offerta di una customer experience non replicabile, unica nel suo genere proprio perché non standardizzabile.

ST: Quello che abbiamo notato attraverso le varie fasi del Menu Innovation Awards la particolarità dell’approccio delle catene di ristorazione alla costruzione della propria offerta. Se nella ristorazione tradizionale il punto di partenza per la creazione di un menu è l’intuizione, il gusto, l’estro di un singolo chef, nel food retail il meccanismo si ribalta e si apre all’ascolto delle necessità del consumatore al fine di adattarsi a prodotti sempre più funzionali e in linea con le loro esigenze alimentari.