Marco Raspati, ceo e co-founder di Regusto
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Regusto, Marco Raspati: "Creare valore riducendo lo spreco anche nel food retail"

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- Regusto antispreco - Regusto charity

Il 29 settembre si celebra la Giornata internazionale di sensibilizzazione sulla perdita e sullo spreco alimentare. Un tema quanto mai attuale, visto anche il contesto di scarsità di materie prime. Soprattutto nella ristorazione. Basti pensare che, a livello globale, circa il 14% del cibo prodotto viene perso tra il raccolto e la vendita al dettaglio, mentre si stima che il 17% della produzione alimentare globale totale venga sprecato. Questa perdita e spreco di cibo rappresenta l’8-10% del totale dei gas serra globali. Uno scenario contro cui si batte Regusto, startup che si basa sul modello food sharing for charity per "creare valore riducendo lo spreco", come ha sintetizzato a Ristorazione Moderna Marco Raspati, ceo e co-founder.

Intervista a Marco Raspati (Regusto).

La lotta allo spreco alimentare passa dai numeri. Quanto è grande il fenomeno?
Da maggio 2020, Regusto ha gestito 1.200 tonnellate di prodotti alimentari, non alimentari e farmaci attravero i propri partner. Questo ha generato oltre 1,8 milioni pasti equivalenti distribuiti, 300mila kg di Co2eviata, 500mila euro costi risparmiati dalle aziende. Tuttavia, ad oggi ci sono ancora13 milioni le persone sotto lo stato di povertà, vengono sprecati 28 milioni di kg Co2 e 11 miliardi di euro di di cibo in un anno in Italia.

Come avete deciso di affrontare la sfida?
Regusto nasce nel 2016 come startup innovativa e ora siamo il primo portale per la gestione di attività food sharing for charity che sfruttano la tecnologia blockchain. Obiettivo: creare valore riducendo lo spreco. Noi ci basiamo sui dati sullo spreco partendo da un concetto semplice: sprecare significa distruggere risorse. Per questo, mettiamo a disposizione il portale a partner che hanno un azione diretta sul territorio come Caritas, Croce Rossa, Banco Alimentare, Emergency e molte altre. La transazione viene registrata ed elaborata, trasformata in un dato della tecnologia blockchain che fungerà da credito multidimensionale per la misura degli indici Esg delle aziende che donano.

Che rapporto con i ristoranti?
Lato ristorativo facciamo delle attività dirette nelle mense di Camst. Durante Farerete a Bologna dal 7 all'8 settembre, per esempio, le loro cucine hanno potuto contare sul nostro supporto per donare le eccedenze a Banco Alimentare. Facciamo sia attività sullo stock che sui magazzini delle piccole strutture. Soprattutto per quanto riguarda i prodotti freschi di giornata. La novità più grande, comunque, arriva dalla Gdo dove abbiamo concluso un accordo con Esselunga a partire da ottobre. 

Il cliente finale riesce a cogliere tutti questi sforzi?
L’ultima parte del nostro modello di business è supoortare le società partner nel raccontare in modo corretto questa attività ai clienti. In questi anni abbiamo visto che le aziende con cui parliamo hanno bisogno di allinearsi agli obiettivi Esg e di far parte di una filiera di valore tracciato anti-greenwashing. Il dato che restituiamo in blockchain rappresenta un’attività concreta, sul territorio. Che può facilmente essere spiegata al cliente. 

Quali sono le referenze alimentari che trattate maggiormnte?
Si va dai classici come pasta, sugo e pomodoro, che tuttavia rappresentano la parte più contenuta degli sprechi dal momento che l’alta frequenza di acquisto e la rotazione sugli scaffali aiuta le vendite. Si passa poi ai prodotti ammaccati, rovinati, etichettati sbagliati, in breve scadenza. Nel carrello standard sono evidente le problematiche legate al fresco e al freschissimo.