Con la presentazione del Rapporto Coop 2025, si accende una luce fosca per il fuoricasa tricolore: -2,2% di spesa nel primo semestre dell'anno. Per contro, aumentano gli acquisti nella grande distribuzione: +3,8% a valore e +2% a volume. Una nuova inversione di tendenza dopo il picco pre-Covid e il lungo rimbalzo post-lockdown. A pesare su queste dinamiche è sia il clima di tensione a livello internazionale, con prospettive poco incoraggianti sul futuro prossimo, sia lo scarso potere d'acquisto dei consumatori. Il risultato? Siamo entrati nell'era del "deconsumismo". Il documento è stato redatto dall’ANCC-Coop con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di NielsenIQ e i contributi di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK e Mediobanca Ufficio Studi.
Aumenta la spesa complessiva, ma la società dei consumi è in crisi.
Detto diversamente, come emerge dallo studio, la preoccupazione è il nuovo mood degli italiani. D'altronde, afronte di un aumento del +0,5% della spesa complessiva delle famiglie nel 2024 rispetto a 5 anni fa, oltre la metà è assorbita dalle spese obbligate (abitazione, utenze domestiche, trasporti e cibo) e il risparmio persiste come driver primario di acquisto per il 42% degli italiani. Insomma, a essere messa in discussione è l’essenza stessa della società dei consumi. A partire dalle basi: l’economia italiana, infatti, torna al male antico di una produttività declinante. A fronte di un’occupazione in crescita (sono 840.000 i nuovi occupati), fa difetto al nostro Paese la produttività per ora lavorata che è prevista in decrescita fino al -1,4% in maniera opposta rispetto al resto d’Europa. Segno evidente dell’assenza nell’economia nazionale dei settori ad alto valore aggiunto e di conseguenza di un lavoro poco qualificato e meno pagato. Non a caso nei settori di impiego dei nuovi lavoratori troviamo in maggioranza costruzioni, commercio, alberghi e ristoranti mentre il numero di occupati con licenza media è sceso di oltre 647mila unità, a fronte di un aumento di 687mila diplomati e 800mila laureati. È proprio la mancata crescita della produttività a non far ripartire l’ascensore sociale e favorire i consumi.
Come cambia il rapporto con il cibo secondo il Rapporto Coop 2025.
In questo scenario muta anche il rapporto degli italiani con il cibo. Rispetto al 2022 gli italiani che si identificano con un’identità alimentare ancorata esclusivamente alla tradizione scendono dal 34% al 22%, mentre cresce la percentuale di chi autodefinisce il proprio stile associandolo esclusivamente ad abitudini alimentari innovative (dal 23% al 31%) o mixa tradizione e innovazione (dal 30% al 38%). Una miscellanea di comportamenti a tavola per un cibo che, oltre a divenire palestra di sperimentazione, ritorna ad essere soprattutto cibo domestico e cibo cucinato. Nei prossimi mesi, un italiano su tre rinuncerà alle uscite al ristorante. Contestualmente si registra una ripresa importante nei carrelli della spesa. A fare da traino frutta e verdura e altri comparti del fresco. A livello più generale, gli italiani sembrano non poter rinunciare più a un cibo salutare e 7 su 10 dichiarano di leggere abitualmente le etichette nutrizionali dei prodotti che acquistano. I carrelli si riempiono così di frutta esotica, latte fermentato, pane, yogurt, olio, meno zucchero, meno sale, meno carboidrati e sono i cibi ultraprocessati a perdere appeal; più compaiono additivi in etichetta e più diminuiscono le vendite. In questo trend accelera anche il biologico con una crescita delle vendite a valore molto importante anche nel sud d’Italia; sono poi 8,4 milioni gli italiani che nei prossimi mesi aumenteranno questi acquisti.
Cresce l'attenzione per benessere e salute a tavola.
La svolta salutista inoltre non può non comprendere anche il no-alcohol che avanza, soprattutto fra i giovani: 15,4 milioni di italiani preferiscono una bevanda analcolica anche quando possono scegliere. Un esempio di come il cibo abbia acquisito, nella percezione corrente e maggioritaria, una funzione di alleato della salute da perseguire ad ogni costo; la longevità si conquista a tavola, certo, ma non si disdegna nemmeno l’utilizzo di farmaci ad hoc. Il 16% degli italiani ha già utilizzato o sarebbero interessati a provare farmaci per il diabete che hanno anche un impatto diretto sul metabolismo e dunque tengono il peso sotto controllo. Ogni grammo conta e il controllo peso che quasi 1 italiano su 4 fa almeno una volta a settimana può spiegare il vero e proprio boom di vendite delle bilance sia per la persona che per gli alimenti. Il mantra del perdere peso spiega anche l’altra grande passione degli italiani ovvero la dieta iperproteica che già coinvolge il 17% della popolazione, con le vendite dei sostitutivi vegetali della carne che nell’ultimo anno crescono del +20,9% (10 volte di più delle carni stesse), seguite da uova (+7,8%) e legumi (+5,0%).
Promozioni, sconti, convenienza: le prospettive di un economia in rallentamento.
Al netto di queste tendenze, che permettono di intravedere delle opportunità di business sia per le aziende del fuoricasa sia per quelle dedicate al consumo domestico, rimane un problema di base: il potere d'acquisto. Seppure l’inflazione alimentare sia meno alta nel nostro Paese che nel resto d’Europa (nei primi sette mesi del 2025 la crescita è stata del +3,1% su base annua e del +29,1% rispetto al 2019 a fronte di una media Ue rispettivamente del +3,3% e del +38,5%), le persistenti difficoltà reddituali degli italiani fanno sì che resti alta anche a tavola la ricerca del risparmio e di soluzioni di maggiore convenienza (come i prodotti in promozione e quelli a marchio del distributore nella Gdo oppure gli sconti o le combo nel fuoricasa). E la prospettiva non è così rosea: la crescita prevista del Pil per il 2025-2026 è di appena lo 0,5% annuo, mentre gli opinion leader stimano addirittura lo 0,1% nel 2026. Questo ingenera un maggiore timore (+19 punti percentuali rispetto al 2022), più inquietudine (37%) e allerta (25%) ma anche un maggior apprezzamento di valori come onestà (50%) e rispetto (46%) mentre cala l'interesse per ricchezza, carriera e successo sociale. Approcci che plasmano una realtà ormai ben nota in cui, restando alla ristorazione, il dibattito sulla "mancia obbligatoria" copre qualsiasi possibile riflessione per invertire la rotta dei consumi.