L'ultimo Rapporto Coop presentato il 10 settembre svela un nuovo approccio degli italiani con il cibo: la Dieta Mediterranea tiene ma le alternative crescono. È l'effetto dei numerosi cambiamenti degli ultimi anni, segnati dall'inflazione e dalle tensioni a livello geopolitico che, tuttavia, sembrano aver risparmiato le aspettative di consumo alimentare: solo il 10% prevede di tagliare la spesa contro un 21% che dichiara addirittura di aumentare. A patto di comprare alimenti sani e che rispettano l’ambiente.
Una vera e propria “scelta di testa” più che “di pancia”, in linea con il concetto di mindfoodness (che premia alimenti free from, proteici, bio, a base vegetale, ecc) e una certa frugalità e saggezza da parte dei clienti. Soprattutto i più giovani. In generale, gli italiani fotografati dalla ricerca redatta dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi e Campo Ricerca-Scomodo sopravanzano di 36 punti percentuali chi diminuisce l’attenzione a un’alimentazione sana, olistica. Una differenza più alta di quella europea (che si ferma a 31 punti percentuali). E sempre gli italiani sono anche gli unici a dirsi disposti a pagare di più per avere prodotti salutari (complessivamente e al netto di chi non sarà disposto, +15%; a fronte di una media Ue ferma a +1%).
Nascono così diverse e nuove idenità alimentari che rinnovano la Dieta Mediterranea (che comunque occupa il 34% delle scelte degli italiani) con ingredienti ideali per un consumo flexitariano (onnivori che non disdegnano i prodotti di origine vegetali), reducetariano (ossia i vegetariani part-time) e climatariano (che fanno delle scelte alimentari una questione di lotta quotidiana al cambiamento climatico). Una riscossa salutistica, insomma, che non lascia a casa nemmeno il biologico ritornato dopo anni di appannamento tra i desiderata degli italiani: sono 24,8 milioni le famiglie già acquirenti con una penetrazione del 96,6% e 9,6 milioni gli italiani che nei prossimi mesi ne aumenteranno l’acquisto. Il tutto per un valore di acquisto che, nel 2023, si è attestato a 5,4 miliardi di euro (di cui il 23% nel canale fuoricasa composta da bar, ristoranti e locali di somministrazione in genere).
Dati che diventano ancor più evidenti quando il focus dell’indagine si sposta sui giovani. Al pragmatismo nella ricerca del prezzo più basso (il 51% lo considera il fattore su cui basa la sua decisione di acquisto) si affiancano, infatti, alternative più rispettose dell’ambiente (il 58% sceglie prodotti di stagione, il 39% privilegia freschezza e qualità) e la riduzione o l’eliminazione dei consumi di carne (il 50% della fascia 18-35 a cui si aggiunge un 36% che sta valutando di farlo in futuro). In generale, si prospetta una vita a basso impatto dove "l’essenziale diventa centrale, il superfluo viene drasticamente ridotto e dove si fa largo un ripensamento significativo della propria identità affidata più alla dimensione personale che a quella economica e al valore segnaletico ed edonistico dei consum", conclude il rapporto.