Entro il 2050, il mercato plant based globale dovrebbe toccare i 900 miliardi di euro
Entro il 2050, il mercato plant based globale dovrebbe toccare i 900 miliardi di euro
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Plant based, le alternative passano dalla ristorazione

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- Plant based fuoricasa - Plant based alternative vegetali - Plant based catene ristorazione

Passati pranzi di Pasqua e Pasquetta, in attesa delle uscite dei prossimi ponti, le proteine plant based sono sempre più richieste dai consumatori del fuoricasa. E le imprese della ristorazione, a partire dalle catene food retail, si adeguano rivolgendosi a startup e aziende innovatiche che stanno guidando la rivoluzione alimentare a base di ingredienti green. 

In Italia il mecato plant based vale 746 milioni di euro. 

In Italia il mercato delle proteine vegetali sta crescendo rapidamente, con un valore stimato di 746 milioni di euro per il 2024 e un incremento annuo del 5% secondo i dati diffusi all’evento Alternative all’Università Milano-Bicocca. Nel 2023, le vendite di prodotti plant based hanno raggiunto i 641 milioni di euro, registrando un +16% rispetto al 2021. Particolarmente significativo è stato il boom dei formaggi vegetali, con un aumento delle vendite del +77% in soli due anni. Una vera e propria rincorsa rispetto alle merceologie tradizionali, tanto che si stima che entro il 2050 il mercato globale delle proteine alternative possa superare i 900 miliardi di euro, creando circa 10 milioni di posti di lavoro. E il fuoricasa può giocare la sua parte in questa crescita, come testimoniano le aziende produttrici, il ristorante rimane il momento in cui le proteine alternative hanno il migliore primo impatto con il cliente (che poi le cercherà anche in altri locali e sugli scaffali della Gdo).

DreamFarm

Dream Farm*, mozzarella vegetale a misura di pizzeria. 

Lanciato un anno e mezzo fa, Dream Farm ha chiuso il 2024 appena sotto il milione di euro di fatturato con una quota del 30% proveniente dal foodservice. Un canale che, dal 2025, verrà gestito dal fornitore bresciano Dac ma in cui la startup può già contare due collaborazioni di peso: la prima con Pizzium (ora terminata), la seconda con Fradiavolo. Poi si sono aggiunti anche Lievità ed Enrico Porzio. "L’idea nasce nel 2021 a Parma dall’incontro fra Maddalena Zanone e Mattia Sandei. Le loro esperienze li hanno guidati in tre anni di ricerca e sviluppo per realizzare un formaggio vegetale meno punitivo dal punto di vista nutrizionale e del gusto rispetto a quelli fino ad allora in commercio, caratterizzati da un’etichetta lunga e poco comprensibile", racconta Costanza Mutti, marketing e comunicazione dell’azienda. Il lancio della mozzarella vegetale, cavallo di battaglia di Dream Farm, è avvenuto a maggio 2023. Poi la gamma si è allargata: ricotta, stracciatella, formaggio spalmabile, ecc. disponibili anche in Olanda, Belgio e Germania. Il segreto? "Una ricetta che prevede il solo utilizzo di mandorle mediterranee, anacardi, acqua, fibre vegetali dal mais, cicoria e psillio, sale e aromi naturali. Niente grassi saturi e olio di cocco, che fa sì fondere il prodotto in modo uniforme, "ma si porta dietro lista ingrediente e tabella nutrizionale terribile". A livello di packaging , "se la mozzarella arriva in pizzeria con formati molto grandi, la nostra utilizza una confezione contenuta, da 500 grammi. Una pezzatura ideale per l’attuale tasso di rotazione delle pizze con mozzarella vegetale. A livello di prezzo non possiamo ancora confrontarci con i marchi industriali, ma risultiamo comunque accessibili", aggiunge Mutti. La ristorazione, d’altronde, rappresenta il crocevia essenziale per Dream Farm: "Il fuoricasa ha superato la fase delle verdure grigliate come unica alternativa vegetale, ma la strada è ancora lunga. In quanto italiani siamo legati alla tradizione e sperimentiamo meno. Ma, anche grazie alle nuove generazioni, abbiamo notato un cambio di passo che ci ha sorpreso. Ora siamo percepiti un prodotto adatto anche per chi non è tanto giovane e magari ha problemi di colesterolo ma non vuole abbandonare l’idea di mangiare del formaggio", afferma la portavoce.

*ERRATA CORRIGE: Nell'articolo originale, apparso su RMM 1/2025, abbiamo erroneamente riportato il nome dell'azienda. Il nome corretto è "Dream Farm" (con la m finale). Ci scusiamo con l'azienda e i lettori per l'inesattezza.

-> Prosegui per gli altri protagonisti del mercato italiano: Heura. 


Heura in Italia, partner del food retail green. 

Dalla Spagna con vista sull’Italia, Heura è ormai un operatore consolidato nelle alternative proteiche. Nato nel 2017, in un coworking situato nel centro di Barcellona, il progetto guidato da Marc Coloma e Bernat Añaños è cresciuto (+20% di fatturato nel 2024) ed è presente anche sul mercato tricolore attraverso il grossista Eurofood. "Abbiamo un assortimento completo di alternative alla carne: filetti, salsicce, polpette, macinato per il ragù, ecc. L’idea è coprire un’ampia gamma che va dal pollo al manzo e al maiale finendo al pesce. Tre le caratteristiche principali: un’esperienza sensoriale ottima per gusto, testura e aspetto visivo; dei valori nutrizionali bilanciati; e la sostenibilità a livello di emissioni e consumo di a cqua ed energia per la produzione", racconta Marcello Lanaro, export manager di Heura. Per il formato foodservice tutte le referenze vengono spedite e trasportate frozen e risultano semplici da preparare e versatili da cucinare. Pochissimi gli ingredienti base: soia europea senza OGM oppure farina di pisello e aggiunta di olio Evo mediterraneo. "I professionisti cercano prodotti qualitativi, buoni con l’idea di riprodurre l’esperienza di mangiar carne. Ideale per i flexitariani. I ristoratori cercano semplicità anche nella preparazione e nella spiegazione. Prezzo è ancora un freno per la crescita del mercato, ma con l’economia di scala pensiamo di poter offrire prezzi competitivi", precisa Lanaro.

heura

L’obiettivo è quindi affinare ulteriormente la strategia di crescita che passa inderogabilmente dal fuoricasa con partner come Poke House e California Bakery, Plunt Bun, Linfa, ecc. "Il ristorante è una vetrina. L’impatto positivo con il prodotto che si ha a tavola è unico. E vale doppio in Italia, un Paese dalla forte tradizione gastronomica - sottolinea Lanaro - La rivoluzione green è a buon punto. Forse c’era aspettative troppo alte all’inizio ma ci vuole tempo. L’importante è continuare a suscitare l’interesse dei consumatori mettendo l’accento della qualità". L’idea è quella di seguire la scia del latte vegetale che prima si è fatto strada nel mondo della caffetteria e poi ha saputo conquistarsi uno spazio indipendente all’interno della Gdo. D’altronde, altri Paesi in cui Heura è presente questo step lo hanno già fatto: "La crescita del plant based è molto spinta in Francia, dove c’è una cultura simile a quella italiana ma maggiore contaminazione. In Germania e UK, mercati maturi, si lavora molto sull’abbassamento del prezzo. In Spagna e Portogallo, dove il mercato si è un po’ appiattivo negli ultimi due anni ci sono comunque player di riferimento. La strada è solo una: continuare a innovare", aggiunge il manager. Prossimi step? "Migliorare la proposta pesce. Ad oggi il gusto c’è, grazie alle alghe, ma sulla texture si può fare molto andando così a impattare positivamente sulla filiera del pesce allevato", rivela Lanaro.

-> Prosegui per gli altri protagonisti del mercato italiano: Redifine Meat. 


Redifine Meat carne con stampa 3D e non solo. 

Attualmente, la rete Redifine Meat in Italia è composta da 450 ristoranti partner che, al mese, movimentano dalle 6 alle 8 tonnellate di prodotto. Dati che non sorprendono visto il livello disruptive delle referenze trattate: carne stampata in 3D che permette di abbattere drasticamente l’impronta ecologica di un filetto o un hamburger tradizionale sostituendolo con un’alternativa vegetale. Il tutto con un prodotto sano, godibile e gustoso. "Partiamo da una base proteica realizzata con soia certificata no-OGM a cui non aggiungiamo aromi o conservanti artificiali ma giusto un pizzico di sale e pochissimi altri ingredienti, come il succo di lampone o barbabietola per ricreare la succosità della carne originale - afferma Alessandro Farello, volto di Redifine Meat in Italia - La tecnica è quella della manifattura additiva per cui, come se fosse un sac a poche, la materia prima viene aggiunta strato per strato realizzando quello che in gergo si chiama whole cut". Un prodotto ad alto valore nutriente e dal chiaro richiamo gastronomico (non a caso uno chef del calibro di Marco Pierre White ha definita questo prodotto "la cosa più intelligente che ho visto in cucina in quasi 40 anni") che ha spinto l’articolo fuori dalla nicchia healthy, fit, ecc.

redefine meat

"Quello su cui insistiamo tanto è comunicare il piatto plant based come un piatto buono. Non c’è bisogno di un’etichetta per la cacio e pepe, o la parmigiana di melanzane. Raggiungere un livello tale per travalicare la semplice alternativa. In Italia, paese tradizionale, con storia culinaria molto precisa c’è grossa curiosità sull’argomento e il consumatore comincia a fare delle selezioni in base alla texture", aggiunge Farello. A funzionare è anche la lavorabilità del prodotto Redifine Meat. Dal pulled pork al pulled lamb, passando per i burger e i macinati, le alternative vegetali si comportano come le sorelle animali; reazione di Maillard inclusa. Anche sul prezzo, poi, si sono fatti passi avanti arrivando a prezzo/porzione molto comparabile alla carne, sebbene il contenuto sia inferiore (vista la presenza di fibre che riempiono di più). Non a caso, la tagliata è sia il prodotto fra i più cari che quello più venduto. Anche alle catene di ristorazione. "Il mondo del plant based è in forte crescita. Finora si è parlato molto della carne, meno della poca sostenibilità dell’allevamento di pesce, tipo il salmone. Questo ha generato un’opportunità di business maggiore per una merceologia piuttosto che un’altra. Anche sul formaggio si stanno facendo passi avanti. Dall’altra parte, il caglio del formaggio non ha ancora una reputazione negativa. Sicuramente la sensibilità delle nuove generazioni può spingere verso nuove innovazioni e una maggiore penetrazione in determinati segmenti. Per noi l’obiettivo rimane quello di sostituire il consumo di carne di media-bassa qualità", conclude Farello.

-> Prosegui per gli altri protagonisti del mercato italiano: Current Foods. 


Current Foods, l’alternativa vegetale alle materie prime ittiche. 

Dopo la fusione con Wicked Kitchen nel 2023, anche il 2024 è stato un anno di riorganizzazione per Current Foods che è stata acquisita dal gruppo internazionale Ahimsa Companies. Questo ha comportato che il business europeo venisse strutturato secondo il modello di licensing in collaborazione con Zyrcular Foods, azienda spagnola specializzata in proteine alternative mentre il resto del Vecchio Continente lo segue Felippe Fontanelli attraverso Virtuous Food Revolution Alliance, specializzata nella gestione e sviluppo di brand innovativi che si appoggia MrRoot per la distribuzione. "Nel nostro catalogo - racconta Fontanelli - ci sono alternative plant-based al pesce, come tonno e salmone, progettate per replicare aspetto, gusto e texture del pesce crudo. Realizzati con ingredienti di alta qualità, senza OGM né conservanti artificiali, sono ricchi di proteine e Omega3 di origine vegetale. Perfetti per sushi, poke bowl e tartare, offrono versatilità e praticità ai ristoratori". Non sorprende, quindi, che la domanda sia in crescita nel canale professionale, spinta anche da alcune caratteristiche come un packaging pratico e un formato con una shelf life lunga senza compromessi su qualità e performance culinaria.

current food

Aspetti piuttosto apprezzati dalle catene di ristorazione: "In passato, Current Foods ha collaborato con Poke House in Italia, introducendo tonno plant based nel segmento fast casual. Oggi - precisa Fontanelli - la strategia si concentra su alta ristorazione, catering e catene premium, dove il valore aggiunto del prodotto è meglio percepito e valorizzato dagli chef. Un esempio è Linfa - Eat Different, ristorante plant based a Milano, che utilizza il tonno e salmone Current Foods per creare sushi innovativo e sostenibile, dimostrando come ingredienti di origine vegetale di alta qualità possano elevare l’esperienza gastronomica". Un approccio che contribuisce alla rivoluzione green nel fuoricasa con l’ambizione di essere il primo punto di contatto con un’educazione alimentare nuova e più consapevole. Su queste basi è nata anche la Virtuous Food Revolution: "Un vero e proprio think tank per promuovere collaborazione, innovazione e sostenibilità nella ristorazione che oggi supporta brand e aziende con sviluppo commerciale, fundraising, fractional leadership e mentorship", spiega Fontanelli. 

-> Prosegui per gli altri protagonisti del mercato italiano: Unigrà. 


Unigrà, tre referenze plant based per il foodservice. 

Sebbene il foodservice, coperto con il brand Martini Professional, rappresenti una parte relativamente piccola del business, Unigrà sta investendo sempre di più in questo canale, nel frattempo alla ricerca di soluzioni innovative e sostenibili. Il risultato è stato l’ampliamento della gamma plant based a disposizione. Tre le referenze: Plant Based + Dual (Master Martini), "una crema vegetale 100% plant-based arricchita con proteine di fava. Senza latte né lattosio e senza grassi idrogenati, è ideale sia per applicazioni dolci che salate", spiega Ilaria Visani, product manager di Unigrà. Poi Ariba Zero (Martini Cioccolato), "quattro referenze che abbracciano completamente il trend free from: zero latte, zero soia e senza glutine. Una gamma pensata per soddisfare le esigenze di chi segue un’alimentazione vegana, vegetariana o ha intolleranze alimentari". E Margarine 100% plant-based (Master Martini): "Ideali per la ristorazione professionale, garantiscono elevate performance sia in cucina, come condimento o per frittura, che in preparazioni dolci", commenta la manager. Referenze che devono
tenere conto del fattore prezzo garantendo non solo qualità e costanza, ma anche sostenibilità e funzionalità, ad alto contenuto di servizio e facili da utilizzare. "Negli ultimi anni, l'interesse verso i prodotti plant based è cresciuto esponenzialmente, spinto da una maggiore consapevolezza sui benefici per la salute e l'ambiente. La ristorazione ha un ruolo chiave in questa trasformazione e può contribuire alla rivoluzione green attraverso
diverse strategie: diversificazione dei menu, per attirare non solo chi segue una dieta vegetariana o vegana, ma anche clienti interessati a ridurre il consumo di prodotti animali; comunicazione efficace, con descrizioni accattivanti; collaborazione con partner affidabili", rivela Visani.

di Nicola Grolla

L'articolo è tratto da RMM 1/2025, disponibile a questo link: https://ristorazionemoderna.it/magazine/ristorazione-moderna-magazine-1-2025.html