Ormai da qualche anno, il caffè è al centro di una spirale di aumenti che avvicina la soglia dei 2 euro a tazzina al bancone. Eppure i consumi resistono. Forse si tratta di una calma apparente, in attesa che gli effetti del caro delle materie prime si scarichino lungo la filiera, ma che sottende un cambio di paradigma nel fuoricasa; soprattutto per noi italiani. Da sempre abituati a pagare un espresso intorno a un euro o poco più, i coffee lover tricolori che l'1 ottobre celebrano il World Coffee Day potrebbero presto ritrovarsi a dover spendere il doppio. Una dinamica che mette nel mirino anche il format stesso del bar, fra quelli più colpiti negli ultimi anni.
Coffitalia 2025 svela i numeri del mercato del caffè tricolore.
Secondo l'ultimo rapporto Coffitalia, sul mercato italiano, il totale delle vendite di caffè torrefatto destinato alla trasformazione in bevande calde può essere stimato, per il 2024, intorno ai 228 milioni di kg, consolidando il dato del 2023. Il distacco rispetto ai consumi pre-Covid, che in buona parte è stato recuperato negli anni successivi, si attesta ora intorno al 7,5%. I consumi domestici, alimentati dai vari canali del retail tradizionale, dai negozi di caffè e dall’eCommerce, rappresentano il 71% dei consumi in quantità, mentre i consumi fuoricasa, sostenuti dalle vendite nei canali Horeca, vending e OCS, rappresentano il restante 29% a quantità. A valore, il distacco fra i due settori si riduce, dal momeneto che nel fuoricasa si opera con prezzi mediamente più elevati rispetto al dettaglio. Per il 2024, si stima un consumo complessivo fuoricasa superiore a 66 milioni di kg, di cui circa 41 milioni di kg nell’Horeca e nel catering collettivo (l’equivalente di circa 6 miliardi di tazzine su base annua) e oltre 25 milioni di kg nel vending e OCS (pari a circa 3,6 miliardi di consumazioni annue). Numeri che, tuttavia, non sono ancora riusciti a recuperare i livelli pre-Covid. Il motore trainante del consumo in questi canali è sicuramente la prima colazione: per TradeLab, nei bar il 45% del caffè viene consumato durante questa occasione. In generale, i bar assorbono circa il 75% del consumo totale, contro il 15% dei ristoranti. Parallelamente, è in atto una graduale espansione delle occasini di consumo in nuovi punti vendita come panetterie, pasticcerie, gelaterie, fast food, ecc. A questo corrisponde la diversificazione produttiva (bevande a base di caffè, come ginseng, aromatizzati e cold brew) e distributiva (con diversi torrefattori che stanno aprendo i propri locali oppure collaborando con insegne del fuoricasa). Trasversale a tutte queste dinamiche è il tema prezzo: l'Horeca sembra aver assorbito gli aumenti della tazzina che ora dovrebbe stabilizzarsi intorno a 1,20 euro.
Come cambia il costo del caffè al bar.
Lo scenario descritto, tuttavia, rischia di essere messo a repentaglio dalle fluttuazioni della filiera. Una situazione più volte denunciata dai torrefattori (in primis, Cristina Schocchia, ad di Illycaffè) e che adombra la possibilità di avvicinarsi alla soglia dei 2 euro a tazzina. Come confermato da un'indagine Fipe, il prezzo della tazzina del caffè al bar è aumentato del +13% nel periodo 2021-24 e in alcune città i listini hanno raggiunto gli 1,50 euro a espresso. Certo, si tratta pur sempre di un incremento inferiore a quello dell'inflazione generale (+16%) e di un prezzo fra i più bassi d'Europa. Eppure, secondo le ultime rilevazioni del Centro studi di Unimpresa, parliano di un aumento del +50% atteso a fine anno rispetto al 2020 passando da una media di da 0,87 euro a tazzina a oltre 1,30 euro, con punte a 1,43 euro in alcune città del Nord. I motivi di tali rincari? Essenzialmente tre: in primo luogo, il cambiamento climatico che incide sui Paesi produttori come Vietnam, Brasile, ecc. (tanto che nel 2024 il prezzo dei chicchi grezzi è aumentato fino all'80%) e la speculazione finanziaria su queste materie prime (con i futures di Robusta che nel 2024 hanno superato i 4mila dollari a tonnellata e l'Arabica che ad agosto 2025 è arrivata a 360 dollari per libbra). A incidere è poi l'aumento dei costi energetici che gravano sulle attività di torrefazione e l'inflazione che ha gonfiato i corrispettivi per le operazioni di imballaggio, manodopera e spedizioni. Infine, ci sono le regolamentazioni internazionali, dai dazi americani alle norme sulla deforestazione, che rappresentano ulteriori balzelli che riducono i margini e costringo ad aumentare i listini.
La passione per il caffè oltre il prezzo: 7 italiani su 10 lo bevono ogni giorno.
A fronte di tutto ciò, a tenere a galla il business è innanzitutto la passione dei consumatori per il caffè. Secondo un report Astraricerche, quasi la totalità degli italiani tra i 18 e i 65 anni (98,6%) consuma, almeno occasionalmente, caffè o bevande a base di caffè, mentre oltre 7 italiani su 10 (71,3%) lo bevono ogni giorno, più volte al giorno. Non solo, ma l’88% degli stranieri è convinto che il miglior caffè si beva proprio in Italia, e quasi l’80% dei turisti in visita desidera vivere l’esperienza autentica del caffè all’italiana, scegliendo soprattutto l’espresso al bar, ma anche la moka, il cappuccino o il macchiato. Nel frattempo, le abitudini di consumo continuano a evolversi: se la casa resta il regno indiscusso del caffè per 8 italiani su 10, cresce la popolarità delle capsule (+13% rispetto all’anno scorso), pur rimanendo il macinato la scelta più diffusa. Ma una cosa non cambia: per il 91% degli italiani, la giornata inizia davvero solo dopo la prima tazzina. Che sia caldo o freddo, con panna o ghiaccio, al bar o in spiaggia, il caffè rimane un rito quotidiano, un momento di felicità che unisce gli italiani e affascina chi viene da fuori.
Bar fra chiusure ed evoluzioni per aumentare i margini.
Tutto considerato, quindi, a scontare i maggiori effetti negativi del rincaro prezzi in tazzina sono i bar. Come emerso nell'ultimo Rapporto Ristorazione di Fipe, infatti, nel 2024 si è attestato a 328mila il numero complessivo delle imprese del fuoricasa, di cui 127.667 sono bar, la categoria che ha mostrato la maggior contrazione: -3,3%. Un processo di lunga data se si considera che dal 2012 al 2023, il numero delle imprese che svolgono attività di bar nel nostro Paese è diminuito di ben 20.000 unità. Questo, va detto, non comporta una depauperamento dell'offerta, quanto una sua modifica con la migrazione del bar verso altri modelli di ristorazione. Perché se è vero che la colazione rappresenta il momento di picco per un bar, è anche vero che il suo valore medio (intorno ai 3 euro) non aiuta i margini dell'impresa. "Per questo rileviamo che sono molti i bar che stanno rimettendo in discussione il servizio, tornando alla chiusura settimanale, oppure chiudendo il pomeriggio o cambiando il modello di business", aveva commentato Luigi Sbraga dell'Ufficio studi di Fipe.