Sul totale delle visite in bar e ristoranti italiani, le catene raccolgono l’11% dei passaggi, mentre il resto è ancora appannaggio degli esercizi indipendenti. Questo uno dei dati in evidenza emerso dall'ultimo Rapporto Ristorazione diffuso da Fipe il 9 aprile durante una conferenza stampa tenutasi a Roma e realizzato in collaborazione con Bain&Co Italia e TradeLab. Presenti, il presidente Lino Enrico Stoppani, il direttore del centro studi Luciano Sbraga e il presidente dell'Inps Gabriele Fava. Un'occasione per fare il punto sull'andamento del fuoricasa alimentare alle prese con il cambiamento delle dinamiche di consumo.
"Nel 2024 - si legge nel report arrivato alla 13° edizione - gli esercizi della ristorazione commerciale in catena hanno raccolto in tutti i trimestri dell’anno, una quota visite intorno al 9-11% del mercato (stabile rispetto al 2023). Questa tipologia di offerta si conferma attrattiva e in forte sviluppo anche in termini di rete di punti di consumo; è un segmento di mercato che riesce a intercettare i bisogni dei consumatori, dando soluzioni value for money, particolarmente apprezzate dal target più giovane". Considerando gli altri formati di vendita, quindi, le catene di ristorazione si posizionano al terzo posto dopo bar (che raccolgono il 55% delle visite) e ristoranti (21% delle visite). Va detto, tuttavia, che le in quest'ultimo segmento le perfomance sono differenti in base alla tipologia merceologica: +6% di visite per la ristorazione premium e +2% per le pizzerie, contro il -2% per i locali di fascia medio-bassa (con scontrini medi fra i 25 e i 35 euro) e il -5% per gli eservizi di ristorazione con spesa inferiore ai 25 euro. "Si conferma quindi una potenziale polarizzazione dell’offerta, dove l’esigenza di convenienza, in genere legata a occasioni più funzionali, viene spesso soddisfatta dall’offerta in catena e dalle pizzerie indipendenti, mentre la ricerca di gratificazione e di esperienzialità dalla ristorazione indipendente di fascia medio alta" è scritto nel report. Infine, la ristorazione veloce raccoglie circa il 7% delle visite complessive, mentre il food delivery nel suo complesso (con un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro) si è ormai attestato a una quota visite complessiva del 3%. Parallelamente, il take away si conferma costante al 4% delle visite complessive (per un totale di 290 milioni di visite).
Andando più nello specifico, il 2024 è stato un anno di moderata crescita che ha visto il consolidamrnto dei trend positivi osservati nel 2023 ma anche la presenza di criticità strutturali. A livello macro, il Rapporto Ristorazione indica in 59,3 miliardi di euro il valore aggiunto del settore con una crescita, in termini reali, del +1,4% nell'ultimo anno rispetto a quello precedente. In aumento anche i consumi, a oltre 96 miliardi di euro (+1,6% in termini reali sul 2023, + 11,3% rispetto al 2019), ma ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia per volumi (-6%). A conti fatti, il saldo tra le imprese che hanno migliorato il risultato economico e quelle che l’hanno peggiorato resta positivo (+26,2%), ma è comunque parecchio inferiore al saldo di un anno prima (+34,5%). Un risultato che va interpretato anche alla luce del rallentamento della crescita economica generale del Paese. Per quanto riguarda la presenza imprenditoriale, nel 2024 sono 328mila le realtà attive in Italia, in calo del -1,2% sul 2023. A soffrire maggiormente sono i bar (-3,3%). Sul versante dei prezzi, il 2024 si è chiuso con aumenti medi al di sopra del 3%, in forte calo rispetto al +5,8% del 2023 ma al di sopra del tasso di inflazione generale. L’aggiustamento dei listini nella ristorazione, così come avviene generalmente nei servizi, segue modalità e tempi ben diversi da quelli dei beni. Complessivamente, allargando lo sguardo agli ultimi tre anni, tuttavia, si registra un tasso di crescita dei prezzi del 14,6%, a fronte di un’inflazione generale del 15,4%.
Tema lavoro: il 2024, infatti, è l’anno in cui si consolida ulteriormente il trend positivo dell’occupazione. Nel 2024 sono 1,5 milioni gli occupati in bar, ristoranti, aziende di banqueting e mense, di cui oltre 1,1 milioni dipendenti. Rispetto al 2023 si registra un incremento complessivo di circa cinque punti percentuali mentre i lavoratori dipendenti sono cresciuti del 6,7%, pari, in valore assoluto, a 70mila unità. Anche questo fattore produttivo, tuttavia, presenta delle ombre: la crescita dell’occupazione non è accompagnata da un parallelo aumento della produttività, che anzi cala di mezzo punto percentuale rispetto al 2023 e soprattutto si mantiene ben al di sotto dei livelli di dieci anni fa. Un dato che merita invece di essere segnalato riguarda la composizione della forza lavoro dipendente che, in un Paese profondamente segnato dal calo demografico e dall’invecchiamento della popolazione, ha il 39,7% di lavoratori under 30, che arriva al 61,8% considerando anche gli under 40. Tuttavia, la categoria che registra il maggior incremento è quella degli over 50 (+10% sul 2023) in linea con quanto sta avvenendo nel mercato del lavoro. Persistono, infine, le difficoltà strutturali nel reperire personale, soprattutto qualificato: in questo versante, il mismatch tra domanda e offerta di competenze continua ad aumentare la sua forbice.
"Sta di fatto che l’Italia rimane molto competitiva rispetto al resto d’Europa per prezzi della ristorazione e questo, unito al lifestyle italiano e la socialità di cui proprio la ristorazione è bandiera del Paese, ci rende estremamente concorrenziali nella scala di scelta del turista straniero. Tuttavia, un vantaggio competitivo dipendente dall’estero e fondato sul prezzo non basta ad assicurare il successo in un mercato che cambia negli assunti di fondo e che consolida ormai la necessità di un’evoluzione dell’offerta sia in termini manageriali sia in termini di proposta commerciale, con crescente attenzione alla sostenibilità, alla socialità e alla salute. Anche perché il 2024 ormai conclama che il consumo fuoricasa per gli italiani è considerato come non fungibile rispetto al pasto casalingo: se si sceglie di uscire per mangiare lo si fa perché ne vale la pena in termini di esperienza e benessere, individuale e sociale. E questo non può che far riflettere profondamente gli operatori e chi, come Fipe, li rappresenta e li accompagna nel futuro del Paese", ha scritto Stoppani nell'introduzione al report.