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Food Brands Factory: "I virtual brand diventano franchising"
Il food delivery ha cambiato le abitudini di consumatori e ristoratori diventando un asset imprescindibile nel fuoricasa post-pandemia. Eppure, la corsa alle consegne a domicilio e al take away non ha sempre premiato. Il motivo lo spiega Food Brands Factory: "Sul delivery vince chi riesce a bilanciare alti volumi con margini inferiori e budget per attività di marketing. Per riuscirci, la soluzione è quella delle catene di ristoranti virtuali in franchising", hanno raccontato i tre fondatori durante una chiacchierata con RM.
Food Brands Factory ribalta la dark kitchen.
L’idea nasce nell’ultimo anno dall’incontro fra Elisa Ruscino, Pier Antonio Siragusa e Salvatore Giuffrida con un’esperienza diretta nel mondo delle dark kitchen. Accomunati da una stessa visione (“il modello dark kitchen non è scalabile”) hanno deciso di dare vita a Food Brands Factory per ribaltare il modello di business: “Invece di avere un laboratorio che fa i propri brand, abbiamo deciso di lavorare sui brand e trovare le cucine. Un sistema che negli Usa, per esempio, è già in uso da Virtual Dining Concept”, spiega Giuffrida.
Come funzionano i ristoranti virtuali in franchising?
Ma come funziona? Se nel mondo reale a ogni locale corrisponde un ristorante, nel mondo delle piattaforme di delivery a ogni locale possono corrispondere fino a oltre 10 ristoranti (numero che varia da piattaforma a piattaforma). Questi 10 ristoranti sono i cosiddetti ristoranti virtuali (o virtual brand). Sono dei veri e propri brand creati esclusivamente per l'online delivery e permettono al ristoratore di intercettare un’audience più ampia e quindi ricevere più ordini. Un ristorante virtuale da solo, tuttavia, non ha la forza necessaria per contrastare le grandi catene e senza il supporto di chi conosce il mercato del delivery può essere anche più debole di un ristorante con insegna fisica.
Il ruolo del marketing sulle piattaforme di delivery.
Per questo, il marketing diventa fondamentale: “Facciamo noi in modo che arrivino sempre più ordini ai nostri ristoranti affiliati. Ad oggi sono circa 45 su Roma, Milano, Rimini e Pescara. Con una media di brand attivata di poco superiore a due su un totale di 8 che abbiamo a catalogo. Noi creiamo il concept. Facciamo formazione allo staff di cucina dei ristoranti, con tanto di schede operative da consultare, mettiamo a disposizione l’elenco dei fornitori con sconti e riduzioni, attiviamo il ristorante sulla piattaforma di delivery, carichiamo il menu con le descrizioni e le foto, ecc.”, spiega Siragusa.
Come sono nati gli 8 brand di Food Brands Factory.
A seguire da vicino l’ideazione dei brand ci ha pensato Ruscino: “Abbiamo fatto degli studi e approfondimenti sui cibi più adatti a diverse condizioni assieme a chef e fornitori. L’idea è quella di non sovraccaricare il lavoro di cucina ma inserirsi nella linea di produzione abituale. Non possiamo chiedere a una pizzeria di preparare della pasta; sarebbe un’attività troppo dispendiosa in termini di tempo. Stessa cosa una poke: per quanto semplice, ha bisogno di diversi ingredienti disposti su un piano dedicato all’assemblaggio. Oltre i trend alimentari, la necessità è quella di fornire un servizio che si adatta alla situazione”. Insomma, il ristorante reale giusto per il menu virtuale più adatto. Dalla pizza al sushi, dal poke al kebab passando per il pulled pork (forse la referenza più gettonata sulle piattaforme), in ogni caso, i menu sono pensati e ingegnerizzati per avere essere preparati in un tempo medio di 5 minuti, grazie all’utilizzo di preparazioni standard con prodotti da riattivare o assemblare, zero sprechi.
Zero costi aggiuntivi.
Il tutto senza costi fissi aggiuntivi per il ristoratore, che può decidere di attivare e disdire gratuitamente il servizio. Food Brands Factory guadagna una percentuale sugli ordini che il ristoratore processa, questo significa che il partner ci pagherà solo in misura di quanto gli facciamo guadagnare. Facile quindi capire che Food Brands Factory ha tutti gli interessi nel far fare più ordini possibili al suo partner e per questo che questa partnership può realmente definirsi win win.