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Iginio Massari: "Pasticceria, avanguardia del cambiamento"
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Maestro, artigiano, ma pure imprenditore del dolce. Iginio Massari è prima di tutto la persona alla guida di un piccolo ma influente network di pasticcerie. Tanto da meritarsi un palcoscenico fisso a MasterChef, la firma sulla torta del Festival di Sanremo e molti altri riconoscimenti (oltre 300 dal 1964 ad oggi). Tra cui quelli social. Quando lo contattiamo al telefono ha appena diffuso la Mimosa in monoporzione per la Festa della Donna: un successo! Così come lo è stato Sigep, in cui ha debuttato anche l’ultima avventura del maestro bresciano: Apei, Ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana. Polo del gusto che «conta 61 aderenti su un numero massimo che abbiamo fissato a 80», ha spiegato Massari.
L'ntervista a Inigio Massari*.
Sigep 2023 è stata l'edizione del ritorno alla normalità e dei debutti. Come è andata?
Penso che gli organizzatori siano molto soddisfatti. Secondo me tanti visitatori così non si vedeva nemmeno pre-Covid. La gente ha sentito il profumo di libertà e ha reso questo appuntamento una festa per il mondo del dolce e del gelato. Inoltre, dopo due anni difficili, si sono ripresi i contatti, prima di tutto con la realtà e il perché delle cose. Lo stesso orizzonte con cui è nata Apei. Guardando alla cucina dei tempi antichi, tutte le attività erano inglobate in
un'unica disciplina; le specializzazioni sono arrivate dopo. E forse hanno perso qualcosa per strada. Da qui l’idea di riunire abilità separate e condividerne il know-how in modo trasversale.
Attualmente le pasticcerie a suo nome sono 5. A cui si aggiungono i pop-up store. Come gestisce il network?
Nella pasticceria di Brescia abbiamo un laboratorio centralizzato in cui lavoriamo la materia prima e prepariamo le basi che verranno poi assemblate e completate nei punti vendita. Qui, molto spesso, vengono rifinite con la frutta fresca, le creme e la panna. Si tratta di un processo artigianale integrato a un’organizzazione capillare che ci permette di entrare nel modo giusto nelle case degli italiani. Soprattutto attraverso i pop-up. Sono più di una decina. Alcuni erano partiti come progetti temporanei ma sono diventati una soluzione ricorrente negli ultimi due anni. Sono un ottimo biglietto da visita, soprattutto quelli nei luoghi di viaggio. La gente ti riconosce e ti viene a trovare. Qui trovano tutta la produzione che non necessita di refrigerazione, eccetto i macarons. Nel periodo estivo anche il gelato in stecco o la box da mezzo chilo.
La pasticceria tradizionale è ancora un format attuale?
Dipende cosa si intende per tradizionale. Se significa seguire pedissequamente ricette datate allora no. D’altronde, cambia il modo di produrre le farine, il cioccolato, la panna; anche le galline da cui prendiamo le uova sono diverse da quando io ero giovane. Per fare un esempio, negli ultimi 15 anni è diminuita del 60% la quantità di zucchero in pasticceria. E questo senza rinunciare ai sapori e ai nomi della tradizione, che rimangono gli stessi ma sottendono processi attualizzati. Il tutto per rimanere in scia a un consumatore che cambia: ogni persona vive il proprio tempo, insieme con i suoi
gusti.
Insetti compresi?
Perché no? Non capisco tutto lo scandalo sulla notizia del via libera all’utilizzo della farina di grilli. Per lungo tempo e ben prima di noi diverse cucine prevedevano già questo tipo di ingredienti. Per non parlare che in certi Paesi le lumache, che noi consideriamo una leccornia, non sono minimamente considerate. Inoltre, se entro il 2050 saremo 30 miliardi di persone, una soluzione si deve pur trovare, no? In generale, comunque, il vero passo avanti sarà rappresentato dall’implementazione dell’economia circolare, non solo per gli scarti di lavorazione ma anche per il packaging e la logistica, e il miglioramento della resa dei prodotti a base vegetale.
Come è cambiato il consumo del dolce negli ultimi anni?
Il dolce rappresenta sempre una trasgressione alla dieta, nelle giuste quantità: per me non più di 70 grammi. Negli ultimi anni, però, c’è sempre più attenzione alla materia prima, soprattutto alla sua sostenibilità lungo la filiera. Parallelamente, c’è stata una crescita di prodotti più funzionali, reperibili anche nella grande distribuzione. La conservazione è diventata la nuova frontiera del consumo. Un esempio? Il pane. Ora si compra una volta alla settimana, meglio se in formati come craker, grissini e simili.
Bollette, affitti e personale: come si superano queste difficoltà?
Partiamo dall’ultima voce: il personale. Che manchi è un dato di fatto. Che il lavoro della pasticceria sia particolare anche. La scuola insegna ma arriva fino
a un certo punto. Forse si è perso qualcosa prima, a livello famigliare e sociale con effetti negativi sul mercato del lavoro. Per gli aumenti, bollette e materie prime sono cresciute ma la vera incognita rimane la logistica: certi ingredienti li ordini ma non sai se ti arrivano. Infine, sugli affitti è una
questione di opportunità. In un contesto commerciale come quello italiano, la pasticceria ha bisogno di essere un elemento dominante nei contesti immobiliari in cui apre. C’è bisogno di traffico, altrimenti si va in sofferenza viste le ubicazioni di certe location
di Nicola Grolla
*L'intervista è tratta dal Trimestrale 1-2023 di Ristorazione Moderna che potete trovare a questo link.