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Andrea Innocenti, figlio dell'ad Massimo e terza generazione alla guida di Spontini
Andrea Innocenti, figlio dell'ad Massimo e terza generazione alla guida di Spontini
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Andrea Innocenti (Spontini): "Pizza in teglia, oltre i campanilismi"

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- Spontini Milano - Spontini pizza - World Pizza Day Spontini

Dici pizza, dici Milano, pensi a Spontini: dal 1953, punto di riferimento per la ricetta simbolo Made in Italy, che si celebra il 17 gennaio in tutto il mondo. L'azienda, ormai arrivata alla terza generazione con Andrea Innocenti, figlio dell'ad Massimo (alla guida dal 1987) e nipote dei fondatori Giuliano Innocenti e Antonia Girelli, che rilevarono il locale originario nel 1977 con il socio Nello Urani, guarda al 2024. "Abbiamo intenzione di uscire dai confini milanesi e dell’hinterland. Pensiamo a una crescita più concentrica che riesca a superare alcuni campanilismi residui nel mondo pizza", afferma il giovane manager a capo delle operations. In totale, una rete di 29 punti vendita, principalmente nel capoluogo lombardo e all'estero (Giappone e Corea del Sud). 

L'intervista ad Andrea Innocenti (Spontini).

Il 2023 è stato l'anno del 70° anniversario. Un traguardo importante per Spontini. Come ci siete arrivati?

Innanzitutto con la consapevolezza di rappresentare, in quanto azienda famigliare, un unicum nel settore; per come si è sviluppato in questi anni. Abbiamo raggiunto numeri significativi per il nostro business model: 26,6 milioni di fatturato con un +16,5% di crescita rispetto al 2022. Il 2023 è stato un anno proficuo, abbiamo raccolto i frutti del rimbalzo post-Covid. Certo, ancora non abbiamo raggiunto il 2019, ma anche per una questione di perimetro. Oggi non possiamo più contare sui locali di Bergamo, Venezia, Como chiusi nel 2020. La strada per colmare il gap è quella della qualità. Per questo abbiamo ampliato il menu, migliorato le referenze in collaborazione con Gran Terre, mantenuto le dimensioni delle porzioni, confermato i menu fissi a pranzo, ecc. 

La base giusta per scrivere un'altro capitolo della storia di Spontini. Che 2024 sarà?

Abbiamo intenzione di uscire dai confini milanesi e dell’hinterland. Pensiamo a una crescita più concentrica. Il nostro pensiero è che alcune difficoltà prima riscontrate siano state dettate da un certo campanilismo nel mondo pizza che non permette di far percepire cosa ci rende unici. Questo ci ha suggerito di proseguire per gradi e puntare sull’estero. Sui mercati stranieri riusciamo a farci riconoscere come marchio Made in Italy tout court. Anche grazie al format di negozio su strada, con ristorazione seduta, in via di alto passaggio che rimane il nostro DNA; a cui negli ultimi 10 anni si sono aggiunti i centri commerciali.

La pizza, che il 17 gennaio celebra il World Pizza Day, voi la fate in teglia, alta. Come sta evolvendo il vostro settore? Quali innovazioni intorno al prodotto?

Quello che vedo è che c’è stato allontanamento da concetto di pizza come elemento “povero”. Le pizzerie gourmet sembrano quasi essere in proporzione maggiore rispetto alle pizzerie di quartiere. A Milano sicuramente questo effetto si subisce maggiormente. Noi rimaniamo una pizzeria con pizza al trancio; una proposta popolare. È altrettanto vero che anche noi ci siamo raffinati. Vedo una premiumizzazione generale. Il rischio è che anche la pizza finisca un po’ come il vino: quando diventa materia di studi eccessiva, si perde la sua semplicità e la sua funzione. 

Meglio puntare, quindi, a innovare l'esperienza nel punto vendita. Voi avete digitalizzato alcuni punti vendita con Retex a fine novembre. Come è andata?

La volontà di collaborare con Retex nasce dal fatto di sperimentare il self ordering nell’apertura di Gae Aulenti, a Milano. Qui la grande concentrazione di uffici genera una certa sofferenza nei pagamenti dello scontrino a fine pausa pranzo. Per questo abbiamo inserito dei kiosk ad hoc. A questo sistema di ordinazione e pagamento, abbiamo collegato anche un nuovo gestionale che arriva anche in cucina. Qui le comande sono tutte su schermo piuttosto che stampate e tracciati fino alla consegna al tavolo. Strumenti che semplificano e velocizzano il rapporto fra operatori e quindi le tempistiche di preparazione del piatto. L'obiettivo è ridurre la distanza fra la cucina e i clienti che, magari prossimamente, potranno fare tutto via smartphone comodamente seduti al tavolo. Un modo per favorire l'alta rotazione nei locali. 

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E il menu? Come è cambiato negli anni?

Fino a qualche anno fa nemmeno facevamo il caffè. Poi il settore si è evoluto e noi ci siamo adattati per favorire una maggiore permanenza sul punto vendita. Abbiamo introdotto la caffetteria, i dessert, più tipologie di pizza ma senza stravolgimenti. Per la pausa pranzo, poi, offriamo un menu fisso con pizza, bibita e dolci. In generale lo scontrino medio si è alzato, anche per effetto degli ultimi rincari. Ad oggi ci attestiamo sui 20 euro, con alcune differenze di prestazione come lo store in piazza Duomo o in Stazione Centrale dove il conto si aggira sui 12-14 euro per via della tipologia di ordini, più take away o caffetteria/colazione. 

All'estero, invece, come viene percepita la vostra proposta in teglia?

In Giappone, Corea del Sud, Qatar e tra un paio di mesi in Arabia Saudita c’è più accettazione del trancio, senza critica. D'altronde, a livello internazionale il mercato americano, per esempio, è una babele di proposte senza nessun riferimento alla “vera pizza”, si tratta di accezioni diverse di uno stesso prodotto. All’estero c’è più fascinazione per il prodotto in sé rispetta all’origine regionale come in Italia. Certo, garantiamo tutta l’ingredientistica di base ai punti vendita, con gli aggiustamenti culturali del caso. 

In quanto azienda famigliare, come gestite la competizione con catene più strutturate? Che spazio c'è nel food retail italiano?

Secondo me, come tutti i modelli di business, anche quello a trazione famigliare ha i suoi pro e contro. Diciamo che i vantaggi principali sono due: il pubblico riconosce la storia famigliare nel brand, si fidelizza; e il business è meno formalizzato, più diretto. Di certo le complessità non diminuiscono, ma riusciamo a operare in un settore competitivo in cui la differenza spesso la fa la liquidità finanziaria a disposizione. Non solo per lo sviluppo dei punti vendita ma anche nel rapporto con la filiera. Anche qui il tema principale rimane il prezzo. Lo scorso anno, per esempio, è stata la volta dei pomodori che ci hanno costretto a rivedere il fornitore. La nostra fortuna è avere partner affidabili, con noi ormai da 30 anni. 

di Nicola Grolla

       
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