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Andrea Casati (Growth Capital): "VC e food retail, Italia dinamica"
Alla fine, secondo il calcolo aggiornato di Growth Capital, il settore food&agriculture ha ricevuto investimenti per 125,5 milioni di euro nel 2023. E per il 2024 "ci aspettiamo che gli investimenti di venture capital superino quelli dell'anno appena passato, con possibili sviluppi positivi legati al numero e alle caratteristiche dei mega round e alla partecipazione di investitori internazionali nel mercato nostrano", afferma Andrea Casati, vice president della banca di investimento, ai microfoni di RM.
L'intervista ad Andrea Casati (Growth Capital).
Come si è chiuso il 2023, dopo i primi 11 mesi a quota 95,7 milioni di euro di raccolta del settore food&agriculture?
Il settore food&agriculture nel 2023 ha registrato un ammontare investito totale di 125,5 milioni di euro in 37 round di investimento. L’ammontare investito del settore rappresenta il 10.7% del totale investito nell’anno nel venture capital italiano, registrando una decrescita rispetto ai 148,3 milioni del 2022; ma il numero di round risulta in crescita rispetto ai 29 registrati nel 2022. Guardando ai top round dello scorso anno, segnaliamo il Serie B di Planet Farms da 36,5 milioni di euro, seguito dal Serie A da 13 milioni di euro di Agricola Moderna, il Serie C da 13 milioni di Soul-K e il il Serie B da 12,5 milioni di Soplaya.
Che previsioni ci sono per il food retail?
Per il solo food retail, ci aspettiamo un anno di transizione: se nel passato è stato registrato un boom di investimenti nelle catene di ristorazione, per esempio su format come poke o bubble tea, il 2024 sarà un anno dove le catene dovranno focalizzarsi sull’efficienza.
Nel vostro ultimo report si sottolinea la "scarsità di round late stage" e un "aumento di round pre-seed". Cosa significa per l'andamento degli investimenti?
Nel 2023 le operazioni pre-seed hanno registrato un forte aumento in termini di ammontare raccolto anche grazie all’ingresso di nuovi player, indice di un ecosistema che sta crescendo. Dall’altro lato, vediamo una riduzione delle operazioni late stage a causa delle difficili condizioni macroeconomiche e di andamento di mercato che hanno reso complesso mantenere metriche adeguate per poter raccogliere capitale a valutazioni crescenti.
Quali sono i KPI a cui guarda l'investitore interessato a un’impresa food retail e di filiera e come sono cambiati post-Covid?
Alcune metriche e KPI fondamentali per il food retail, che valgono sempre ma che devono essere declinate in base alla tipologia di format sono lo store payback ratio, ossia il tempo di ripagamento dell’investimento di apertura dello store; ricavi ed Ebitda per store, che misurano rispettivamente la redditività e la profittabilità dello store; il fatturato per metro quadro, utile per confrontare store con grandezza diversa e valutarne la redditività; il run rate, che misura le potenzialità dello store al raggiungimento della massima capacità produttiva declinata in ricavi o Ebitda; la percentuale del fatturato in delivery, legato soprattutto a format e prodotti specifici come poke, piadina, burger, pizza. In termini di filiera, invece, per i business che hanno una componente di delivery è importante considerare il primo margine al netto del costo delle materie prime, il secondo margine al netto dei costi variabili, di logistica, di magazzino, di consegna e l'Ebitda. Dal punto di vista dei valori per unità il CAC e la retention e il carrello medio sono le variabili da tenere sott'occhio.
Quanto incide l'attuale situazione macro-economica sugli investimenti nel food&agriculture?
Il delicato contesto di mercato del 2023 caratterizzato da elevata inflazione e calo dei multipli di valutazion ha inciso fortemente su tutto il settore e, di conseguenza, anche sugli investimenti in food&agriculture che generalmente soni business capital intensive. Guardando alle catene, i modelli food retail nel 2020 e 2021 hanno sofferto una forte riduzione di tutti i KPI, a eccezione dello share di fatturato di delivery, che è naturalmente aumentato a causa delle restrizioni da lock-down. Nel 2022, i modelli più virtuosi sono ritornati ai valori pre-pandemia, e nel 2023 si sono consolidati i brand e i format che sono sopravvissuti al biennio 2020 e 2021. Chi non è riuscito a recuperare terreno ha dovuto percorrere tre strade: downsizing con conseguente chiusura degli store meno profittevoli, chiusura totale o vendita a catene più grandi.
A che punto è il grado di maturazione del venture capital in Italia? Che affinità/differenze riscontrate con altri Paesi europei?
Dopo un 2022 caratterizzato da una fase di mercato particolarmente favorevole, il venture capital italiano nel 2023 ha subito una contrazione in linea con gli altri ecosistemi. Nota positiva: questa decrescita è meno sostanziosa rispetto a quello europeo. Nel Vecchio Continente, nel 2023, si è registrato un ammontare raccolto di 55 miliardi di euro, -44% rispetto al 2022 e -48% rispetto al 2021. Il mercato italiano rappresenta quindi un asset class molto interessante pur essendo in una fase meno matura rispetto a Spagna, che ha cubato 1,7 miliardi; Francia, con 6,8 miliardi; e Gran Bretagna che guida la classifica con 15,9 mliardi di euro.