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Mario Resca, presidente Confimprese
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Mario Resca (Confimprese): "Food retail, bilancio 2025 positivo"

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- Confimprese dati ristorazione 2025 - Confimprese Mario Resca - Mario Resca intervista

Come è andata la ristorazione nel 2025? D'altronde si avvicinano i classici bilanci di fine anno e RM ha scelto Mario Resca, presidente Confimprese per farlo. In un periodo complicato per il retail in generale, con una crescita zero a fine anno, dove peraltro si distinguono bar, ristoranti e pubblici esercizi (+1,5-2% atteso), la prospettiva resta positiva. Soprattutto per le realtà più organizzate, come le catene food retail capaci di concretizzare la total experience attesa dal consumatore. "Di fronte alla riduzione della marginalità, conviveranno catene QSR e di qualità. Nel mezzo, la possibilità di coniugare questi due formati con un’offerta in linea con le esigenze e dei consumatori. C’è una selezione in corso e vince chi sa offrire un'atmosfera di accoglienza al netto del format. Il gusto è necessario ma non più sufficiente", afferma Mario Resca. 

Intervista a Mario Resca (Confimprese)

Che anno è stato per il fuoricasa?

Tutto sommato positivo rispetto ad altri settori del commercio al dettaglio. Con il fenomeno dell'inurbamento e la "riduzione" delle famiglie, si cucina meno a casa e si consuma più spesso fuori. In questo senso, le catene di ristorazione si inseriscono in una società in cambiamento che pretende una scelta più ampia per coprire i vari momenti della giornata. Grazie al grado di standardizzazione ormai raggiunto e alla managerialità degli imprenditori italiani, vediamo gruppi crescere e aprire. Prosepettiva ben diversa dalla ristorazione tradizionale indipendente, spesso alle prese con un cambio generazionale difficile, magari non supportato dalle giuste leve finanziarie ed economiche. Ma anche a livello di investimenti marketing, fidelizzazione, fiducia nel marchio. Non soprende, dunque, che dopo tanti anni siano ora le insegne italiane ad anadare all'estero. 

Per farlo serve la giusta base finanziaria. Che supporto arriva dal mondo degli investirori e quali sono i passi da fare per convincerli?

Si deve confermare che il modello funziona. Con un certo track record si convincono gli investirori. È un percorso a step. Prima i capitali sono quelli dell'imprenditore, spesso ora entrano in gioco i club deal privati. Infine, i fondo private equity. Dopo la pausa del Covid è tornato l'interesse per le imprese del fuoricasa. Difficile è farsi notare. Chi riesce a sopravvivere e costruire una massa critica credibile sicuramente troverà il partner ideale. 

Un interesse in più viene dal riconoscimento Unesco per la cucina italiana. Secondo lei cosa rappresenta?

Essere riconosiuti per la nostra enogastronomia è molto importante. Non solo dal punto di vista economico ma anche sociale e culturale. Qualcosa che ci viene riconosciuto anche dall'estero. Prova ne è il trend del tursmo che sempre più trova nella cucina italiana la ragione stessa del viaggio. La ristorazione e l'agroalimentare, di fatto, sono un medium verso valori più profondi. La questione, ora, diventa quella di soddisfare una domanda attesa in crescita e tutelarne e proteggerne i valori che la caratterizzano dal fenomeno dell'Italian Sounding

Basterà a superare le attuali sfide dell'industry fuoricasa? Partiamo dal tema dell'immobiliare commerciale e dal caro affitti.

Il canale urbano ha degli andamenti contrastanti. Le maggiori piazze godono di un aumento del traffico ma scontano anche l'effetto dello smart working. Questo ha impattato sui canoni, soprattutto in certe zone che, grazie a percorsi di riqualificazione, hanno visto aumentare i valori commerciali. Rispetto al 2019 il key money si è abbassato ma sono aumentati anche i competitor, come i format compatti della Gdo. Per questo la location rimane un fattore determinante. Anche sui conti delle imprese. Di certo, difficile ipotizzare un ulteriore spirale al rialzo. Per quanto riguarda i centri commerciali, il food retail rimane centrale e in alcuni casi rappresenta il motivo della visita. Certo, la differenza fra shopping center tripla A e altre destinazioni è evidente. 

Allarme personale rientrato?

Penso sia sotto controllo. Soprattutto nel caso delle catene di ristorazione, dove l'innovazione e la semplificazione delle procedure, insieme a un equipment aggiornato permette di pianificare un carico di lavoro sostenible. Non c'è solo una questione di risparmio del tempo e velocizzazione del servizio, ma anche di equilibrio con la vita privata. Inoltre, molte insegne ormai si sono dotate di dark kitchen o laboratori centralizzati che supportano l'attività quotidiana dei punti vendita. Centrale, infine, è l'aspetto formativo: i giovani oggi chiedono percorsi di crescita chiari, trasparenti e percorribili. Con l'ingresso del digitale mi aspetto anche che si generi una nuova domanda per figure più tecniche e specializzate. 

Dopo la cucina etnica, lo smash burger, il poke qual è il prossimo concept in rampa di lancio?

Vedo delle opportunità per il ritorno del bar. Le caffetterie a catena si stanno affermando senza tradire la tradizionale dimensione di quartiere. Penso sia un'evoluzione naturale per un format storico dell'ospitalità italiana attualmente in crisi. Pensiamo al solo costo del caffè a fronte del prezzo di una tazzina. Si tratta di un modello di business che va rivisto, ampliando l'offerta con prodotti funzionali, spingendosi fino all'aperitivo e magari mettendo sul piatto un lato leisure dell'esperienza. Con il riconoscimento Unesco, infine, penso che sia arrivato il momento di sviluppare format verticali su una delle tante ricette della tradizione italiana. 

Ultima domanda: qualche novità sull'approdo di Wendy's in Italia (Mario Resca fa parte del master franchisee tricolore responsabile dello sviluppo, ndr)?

Stiamo mettendo a punto le prime location. Nel primo trimestre 2026 arriveranno i tagli nastro. Il QSR rimane il segmento più promettente e con ampi margini di crescita in Italia. 

di Nicola Grolla

       
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