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Riccardo Orlandi, presidente di Aigrim
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Riccardo Orlandi: "Formazione, lavoro e fisco le priorità di Aigrim"

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Nel segmento food retail rappresentato da Aigrim, per un totale di 6 miliardi di fatturato, il 2025 è stato un anno dedicato a fisco, formazione e lavoro. Basi su cui Riccardo Orlandi ha costruito il suo primo anno di presidenza dell'associazione di categoria, in seno a Fipe, che accorpa circa 2.700 punti vendita (al 31 agosto 2025). E con l'avvicinarsi di Capodanno, è tempo di bilanci: "I punti vendita food retail sono aumentati del +18% anno su anno ampliando, contestualmente, anche la forza lavoro coinvolta, salita a 26mila persone. Numeri che si inseriscono in un percorso di crescita che ha contribuito a sostenere le spese fuoricasa, ormai intorno ai 100 miliardi di euro".

L'intervista a Riccardo Orlandi (Aigrim).

Dopo il Natale, arriva il Capodanno: come si vive l'attesa nei punti vendita in centri commerciali e travel retail rappresentati da Aigrim?

Sicuramente aumenta l'intensità dei consumi, anche se Natale e Capodanno non rappresentano il picco assoluto dell'anno, che si vive in primavere-estate. Detto ciò, durante le festività è innegabile un certo fermento generalizzato. Il ponte dell'Immacolata ha fatto partire la stagione invernale con ottimi risultati. Speriamo che alla fine del periodo festivo il consuntivo sia positivo nonostante il ridotto potere d'acquisto degli italiani, che riduce le gite fuori porta oppure gli acquisti di impulso. Per il momento, dobbiamo accontentarci di previsioni spot sia per il canale centri commerciali sia per quello urbano; in attesa dei saldi dell'Epifania che rappresentano motivo di spostamento, uscite, acquisti tali da coinvolgere anche il food retail. Diversamente, invece, nel canale aeroportuale, ormai è consolidata non solo la presenza straniera ma anche l'abitudine di partire nei giorni di festa.

A inizio dicembre, nel frattempo, è arrivato anche il riconoscimento della cucina italiana da parte dell'Unesco. Cosa significa per il food retail?

Innanzitutto, va detto che con Fipe abbiamo lavora moltissimo per questo riconoscimento che fino al 10 dicembre ha rappresentato una clamorosa mancanza. Detto diversamente, che l'Italia da sempre famosa per la sua offerta gastronomica e ristorativa non avesse avuto ancora questo riconoscimento era sorprendente. Raggiunto l'obiettivo, penso che a beneficiarne sia tutta la filiera: dallo stellato a punti vendita tradizionali e famigliari, passando da chi offre un prodotto Made in Italy a livello internazionale. Insomma, l'eco internazionale di questa decisione sarà una leva da sfruttare per aumentare l'attrattività del nostro Paese: se si viene in Italia la prima volta per visitare le sue bellezze naturalistiche, storiche e artistiche, si torna la seconda volta per immergersi nella ricchezza delle nostre tavole. Ovviamente, il riconoscimento in sé e per sé non fa aumentare il fatturato in maniera automatica, ci si deve lavorare su, ma sicuramente è un ulteriore elemento di credibilità per il cliente. Infine, penso che l'Unesco, indirettamente, abbia dato anche una spinta al processo di internazionalizzazione dei format food retail italiani. D'altronde, anche al di fuori dei nostri confini sanno ormai riconoscere l'autenticità di una proposta gastronomica ben fatta. E soprattutto, italiana. 

Fra le attività 2025 di Aigrim, c'è stata una forte attenzione sul tema del lavoro. Che iniziative avete avviato e che risultati avete raggiunto?

Il tema delle risorse umane è stato l'argomento principale delle attività 2025 e rimarrà il focus anche per il 2026. Ci troviamo ad affrontare questioni che nascono da lontano. Pre-Covid, nel nostro mondo c'era una domanda di lavoro importante a sostegno di un trend di mercato che andava di pari passo. Dopo la pandemia, questo equilibrio è venuto a mancare. A peggiorare il quadro, inoltre, c'è un quadro demografico che, di fatto, riduce la percentuale di popolazione reclutabile anno su anno. In questo contesto, come Aigrim ci siamo posti l'obiettivo di diventare un fattore abilitante dell'incontro fra domanda e offerta di lavoro nella ristorazione. Due le principali iniziative in questo senso: l'apertura di un flusso di lavoratori regolari extraeuropei provenienti dalla Tunisia e un progetto di formazione rivolto agli under 25 per raggiungere la qualifica di store manager. In entrambi i casi, si tratta di due progetti pilota che verranno potenziati nel corso del prossimo anno. Per il primo, ci siamo rivolti direttamente al Governo, affinché ci sostenga nella copertura dei costi del contratto di lavoro e dell'housing per lo staff straniero in città come Roma e Milano il cui mercato immobiliare ha prezzi molto alti. Per il secondo progetto, invece, puntiamo a una classe più ampia rispetto all'attuale e il coinvolgimento di realtà specializzate nella gestione e ricerca delle risorse umane. 

Al Governo avete chiesto anche un intervento sul costo del lavoro stesso. Cosa prevede?

La priorità è la detassazione del lavoro notturno e festivo. Aspettiamo la legge di Bilancio per capire che margini ci sono. Sarebbe bene diventassero due interventi strutturali e non solo una proroga. Si tratta di soluzioni che ci aiuterebbe anche nella lotta al dumping contrattuale oltre che un aiuto concreto sia ai lavoratori che alle aziende. Quando so che il costo del lavoro rimane entro un certo limite, le imprese sono ben disposte a dare qualcosa in più per tenersi stretti i collaboratori e affidarsi al Ccnl. Certo, se avessimo avuto la certezza che certe misure sarebbero state applicate nel breve-medio termine avremmo potuto pianificare anche sviluppi diversi dei nostri network.  

In attesa della completa maturazione di questi progetti, che livelli ha raggiunto la penuria di personale? E in che modo il digitale può rappresentare un alleato?

Il reperimento delle risorse umane non è più un'emergenza come un paio d'anni fa, ma rimane un tema sensibile. La ristorazione rimane un settore labour intensive e, al netto di scenari molto futuristici in cui la robotica diventa un alleato in cucina, dobbiamo mettere i nostri collaboratori nelle migliori condizioni di lavoro. A livello operativo, il digitale rappresenta un asset ormai imprescindibile per ogni impresa. Basti pensare all'impatto positivo dei totem per il self ordering sull'aumento delle comande. Un processo che in poco tempo si è imposto quasi come uno standard affiancando l'esperienza più classica che prevede di rapportarsi con un barista, un cameriere o un banconista appassionato, sorridente e pronto a rispondere alle esigenze del cliente. Un savoir faire che non tiene in conto l'età: ormai sono moltissimi gli over 50 che trovano impiego nelle insegne rappresentate da Aigrim superando quel tabù per il quale il lavoro nella ristorazione sia solo una cosa passeggera, da studente universitario. 

In vista del prossimo anno, c'è secondo lei un format che più degli altri ha delle potenzialità di sviluppo e attrattività? 

Individuarne uno in particolare mi risulta difficile. Negli ultimi 40 anni il mondo della ristorazione ha subito un'evoluzione senza precedenti che si sono saldate con le nuove esigenze alimentari del consumatore. Penso che da questa sinergia possano nascere delle novità interessanti. Prendiamo il mondo del beverage, per esempio: con la promozione di stili di vita più salutari, si sono fatte largo referenze funzionali, low o no-alcol, con contenuto nutrizionale elevato, ecc. Una cosa simile sta succedendo anche nel food, basti pensare al fenomeno free from. Il punto di caduta di tutte queste tendenze potrebbe essere il bar: da sempre asse portante dello stile di vita italiano, sebbene in un momento di appannamento, questa tipologia di locale ha tutte le carte in regola per rispondere in modo dinamico e flessibile alle sollecitazioni di mercato. L'importante è non fossilizzarsi su una monodimensionalità di servizio ma reinterpretare l'offerta sia in base al momento della giornata - perché non si può vivere di sole colazioni o aperitivi - sia in base alla stagionalità. 

di Nicola Grolla

       
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