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Vincenzo Santoro, pasticcere e fondatore di Pasticceria Martesana
Vincenzo Santoro, pasticcere e fondatore di Pasticceria Martesana
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Vincenzo Santoro (Pasticceria Martesana): "La mia pasticceria moderna"

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Quando gli si chiede di parlare di Pasticceria Martesana, Vincenzo Santoro mette le mani avanti: "Se inizio a raccontare, rischio di non fermarmi più". Tanto, infatti, è l’amore del maestro pasticcere e co-fondatore di Ampi (Accademia maestri pasticceri italiani) e ora in Apei (Ambasciatori pasticceri dell'eccellenza italiana) per un’insegna ormai divenuta storica a Milano, città dove ha aperto il primo punto vendita in via Cagliero nel 1966.

La crescita di Pasticceria Martesana, dal 1966 a oggi. 

La stessa che, da allora, ha saputo mantenere la sua dimensione artigianale, di quartiere, senza per questo rinunciare al business e alla crescita. Come dire che piccolo è bello, ma strutturato è meglio. Lo dimostra l’ingresso, nel 2021, di Mega Holding ed Eagle Capital Ventures che, con altri soci finanziari, hanno acquisito una quota di maggioranza nell’azienda della famiglia Santoro. Prima operazione di peso, l’apertura del quinto punto vendita all’ombra di Porta Romana avvenuta l’anno successivo. Un taglio nastro che non ha snaturato il Dna del brand: "Facciamo più numeri di prima, ma rimaniamo ancorati alle nostre origini", conferma Santoro. 

L'intervista a Vincenzo Santoro (Pasticceria Martesana).

A partire dal panettone e dalla colomba per l'imminente Pasqua. Come è andato l’ultimo Natale?

Abbiamo toccato apici produttivi importanti all’interno del nostro laboratorio centralizzato di Sesto San Giovanni, che si estende su una superficie di 1.600 mq: 1.500 kg di panettone prodotto al giorno. Ma la standardizzazione necessaria per rifornire la nostra rete di negozi non ci ha fatto perdere di vista l’originalità. La limited edition con Moschino, che ha finalmente sdoganato lo stretto rapporto fra alta moda e pasticceria oppure la novità del Panetùn de l’Enzo che sposa il panettone con la sacher ne sono una dimostrazione.

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Con l’anno nuovo è arrivata anche l’ora di Sigep. Che edizione è stata?

Lo reputo un appuntamento immancabile, sia come professionista della pasticceria che come imprenditore e rappresentante di Apei (Ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana, ndr). È sotto gli occhi di tutti che la pasticceria sta vivendo un’evoluzione importante: nascono nuovi concept pronti a conquistare il mercato anche partendo da ambiti locali e sfruttando la tecnologia per ottimizzare la produzione e raggiungere uno standard qualitativo che permetta di raggiungere una certa consistenza su più punti vendita.

Per Martesana la dimensione local equivale alla città di Milano. Un contesto sfidante.

Sicuramente sì. Mi rendo conto che la competizione in città sia molto alta. Non solo per il numero di pasticcerie di qualità presenti ma anche per le richieste stesse dei clienti. Per reggere, ci vuole una buona dose di innovazione. Noi facciamo della ricerca e sviluppo il nostro mantra. Quest’anno, per esempio, ho realizzato un panettone senza lattosio per andare incontro alle esigenze del consumatore free-from.

Prossimo passo, il senza glutine?

Difficile. Attualmente non ci sono le condizioni industriali e commerciali per rispondere alla domanda gluten free. Qualche artigiano ha iniziato a muoversi in questo senso, ma dal mio punto di vista è ancora prematuro. Va detto, comunque, che dal punto di vista dell’ingredientistica già oggi il 70% delle materie prime che utilizziamo è gluten free. 

GALLERIA:

Meglio concentrarsi sull’evoluzione del format?

Ai miei tempi, paradossalmente, la pasticceria era un format molto più verticale di oggi, prevalentemente “a portar via”. Con il tempo, e in linea con lo sviluppo economico, si è iniziato ad allargare la tipologia di servizi offerti partendo dalla caffetteria che ha dato forma ai primi bar-pasticceria dove le persone entravano e si sedevano a fare colazione. Successivamente, il passaggio al salato è stato semplice: ed ecco che la pasticceria diventa anche il luogo ideale per un light lunch o un aperitivo. Oppure diventa la base su cui sviluppare servizi paralleli come il catering. 

Torte e pasticcini che fine fanno?

Nonostante le evoluzioni, le torte tradizionali rimangono le più vendute. Magari cambiano l’estetica, i volumi, gli abbinamenti ma Millefoglie, Saint Honoré, Monte Bianco e altri classici rimangono voci fisse del nostro menu. Stessa cosa per i pasticcini. Ancora oggi mi regalano grandi soddisfazioni.

Se dovesse condividere con un giovane pasticcere imprenditore il segreto del successo, su cosa punterebbe?

Due i fronti su cui concentrarsi. Il primo è il controllo della filiera: è qui che si gioca la partita della marginalità. Come Martesana abbiamo costruito un network di fornitori ampio e tracciato. Questo permette di poter programmare con anticipo gli acquisti, non farsi travolgere dalle shock del mercato e garantire al cliente il rispetto di standard elevati. Il secondo fronte è quello del personale: il mondo del lavoro nella ristorazione in senso lato è molto fragile. A seguito di vicissitudini, brutti episodi del recente passato e un pregiudizio verso il settore, i giovani sono meno invogliati a iniziare una carriera nel fuoricasa. Per invertire la rotta ci vuole più organizzazione e piani di lavoro chiari. Noi, per esempio, prevediamo un doppio turno di riposo e una domenica al mese a casa. Perché, soprattutto chi ha famiglia, deve essere messo nelle giuste condizioni per dare il massimo sul posto di lavoro.

Il futuro di Pasticceria Martesana.

Dopo aver aperto il quinto punto vendita nel 2022, il percorso di crescita di Pasticceria Martesana passa soprattutto dal potenziamento dell’eCommerce: "Questo ci permetterà di portare i nostri prodotti in tutta Italia e all’estero", afferma Luca Tartaglia, attuale general manager dell’insegna. D’altronde, attualmente il canale online vale già il 10% del fatturato e diverse richieste sono già arrivate da Spagna, Germania e Svizzera durante le feste. Per quanto riguarda lo sviluppo retail "il modello si incastra in un contesto di quartiere con layout che richiama la zona dove è ubicato. Non vediamo il locale come un semplice luogo dove vendere prodotti da portar via. L’idea è creare un posto dove le persone si sentono a casa, come testimoni anche la libreria annessa, dove possono fermarsi a consumare nel massimo del comfort così da aumentare la durata della permanenza. Per questo stiamo lavorando anche per innovare e aumentare l’offerta salata", aggiunge Tartaglia. Previste almeno due aperture nei prossimi due anni.

di Nicola Grolla

L'articolo è tratto da RMM 1/2024, disponibile a questo link: https://ristorazionemoderna.it/magazine/ristorazione-moderna-magazine-1-2024.html

       
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