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Birra dal pane, il nuovo fronte del beverage anti-spreco
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Birra dal pane, lotta anti-spreco artigianale e di qualità

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- Birra dal pane - Biova Project birra - Birra Ibrida pane

Il pane, quale immancabile presenza della tavola italiana sia a casa che fuoricasa è anche, per la sua vita utile relativamente breve, uno dei cibi più esposti allo spreco alimentare. In Italia vengono buttati ogni anno circa 475.000 tonnellate di pane, pari a quasi il 20% dell’intera produzione. Questa cifra è sottostimata se si considera la difficoltà nel monitorare gli scarti domestici. Oltre allo spreco in sé, si aggiunge l’emissione totale di gas serra che per il 6% è generata proprio dal cibo non consumato. A questo cerca di porre rimedio la donazione di eccedenze alimentari, pratica ormai largamente diffusa soprattutto presso le strutture della distribuzione moderna. Nel caso del pane, in quanto prodotto fresco, questa possibilità, seppur superiore a un ortaggio di IV gamma, è molto ridotta rispetto a un pacco di pasta secca confezionata. Ma può trasformarsi in birra.

La birra dal pane, un'usanza antica.

Ed è proprio da questa consapevolezza che nasce l’idea, e quindi l’impegno, di trasformare il pane in birra, recuperando un’antica tradizione già praticata dagli Egizi e dai Sumeri, per dar vita ad uno degli esempi più interessanti e moderni di economia circolare applicata al settore alimentare. Anticamente la birra veniva proprio definita come “pane liquido”, in virtù dei suoi ingredienti come acqua, grano e lievito, in grado di fornire una buona dose di carica energetica. Nel processo di produzione della birra dal pane recuperato, quest’ultimo va a sostituire circa il 30% del malto d’orzo, consentendo anche una minore emissione di Co2. Con 150 kg di pane si possono produrre fino a 2.500 litri di birra, ossia oltre 7.500 bottiglie o lattine da 0,33 litri. Diverse sono le iniziative che si stanno sviluppando in Italia a macchia di leopardo, per dar vita a progetti di produzione di birra derivata dal pane recuperato, potendo contare sulla collaborazione di panifici tradizionali e punti vendita della grande distribuzione

Biova Project, l'early adopter che si fa largo nell'Horeca.

Tra le realtà pioniere in questo settore, spicca senz’altro Biova Project, nata nel 2019 grazie ai piemontesi Emanuela Barbaro e Franco Dipietro, dopo che entrambi, per scelta personale, avevano operato a lungo per una onlus impegnata nel recupero di eccedenze alimentari da catering e feste aziendali. Da questa esperienza, nasce l’idea di creare un’azienda orientata a un nuovo modo di fare imprenditoria: la capacità di ridurre gli sprechi alimentari a favore di un riutilizzo di materie di recupero. “I pionieri non hanno una strada segnata, se la devono inventare. La fatica è quindi più grande rispetto a tutti quelli che verranno dopo. Ma è più grande anche la soddisfazione”, afferma Franco Dipietro Founder e ceo di Biova Project. Ma proprio l’impegno e il coraggio dei pionieri nella curva dell’innovazione creano le condizioni favorevoli per gli early adopter, ossia le star-up che, cogliendo subito il valore dell’innovazione stessa, sviluppano lo stesso modello di business a beneficio dell’intero mercato. Grazie al suo messaggio potente e innovativo, la birra Biova si sta conquistando il suo meritato posto all’interno dei più prestigiosi marchi dell’Horeca e della Gdo.

biova project

Una birra artigianale anti-spreco anche nel packaging.

La ripartenza del mercato dei consumi fuori casa, trainata dalla forte spinta della moderna ristorazione può certamente giocare un ruolo di acceleratore nello sviluppo di prodotti innovativi e sostenibili. “La filosofia anti-spreco è parte integrante della ristorazione moderna ed è per questo che Biova Project trova un posto di pieno diritto in ogni carta delle birre attenta a questo argomento - continua Dipietro - Il posizionamento è certamente più elevato delle birre industriali, perché il recupero delle eccedenze è molto impegnativo e costoso, ma non per questo siamo più cari delle birre artigianali, anzi”. Altro elemento fondamentale è lo storytelling, specie per quei prodotti che possono vantare un patrimonio anche etico da valorizzare. “Siamo molto attenti a rendere le nostre confezioni parlanti e direi che sta funzionando alla grande. È ovvio che la piena potenzialità del progetto viene raggiunta anche in occasione di un corredo di informazioni”, conclude Dipietro.

Dai forni di Milano alle bottiglie di Birra Ibrida.

Parlando di storie, Birra Ibrida è certamente un altro eccellente esempio da raccontare. Ibrida si definisce “una birra di quartiere” preparata con il pane invenduto recuperato dai forni di Milano. Tutto è iniziato alla fine del 2018, al Politecnico di Milano, in particolare per il corso di laurea magistrale in Product-Service System Design. Francesca De Berardinis, co-founder e account lead di Ibrida, racconta: “I requisiti erano principalmente due: avremmo dovuto costruire una startup in team, condividendo valori sostenibili da unire a una passione. All’inizio della nostra ricerca non eravamo consapevoli dell’impatto che il pane avesse sullo spreco alimentare, né del trend in crescita delle birre artigianali. Alla fine, la combinazione di queste due direzioni ci ha fatto cavalcare l’onda e, in fondo, a chi non piace la birra?”. La sfida più grande è stata anche in questo caso proporre un nuovo modo di intendere la sostenibilità e instillare valori di cambiamento con piccoli gesti quotidiani, con un prodotto comune come la birra. “Siamo entusiasti nel vedere la nostra community ibridi diventare ogni giorno più grande e vedere i nostri collaboratori, dai panettieri, ai proprietari dei locali, ai gestori degli spazi ibridi, impegnarsi nel realizzare qualcosa di buono per il proprio quartiere. Ibrida diventa così il mezzo per connettere realtà diverse, disseminate sul territorio e per costruire un network sostenibile in città”, continua De Berardinis.

ibrida

Processo innovativo, gusto premium e prezzo in linea con il mercato.

Grazie al momento di grande fermento nel mondo del food&beverage italiano, sempre più aperto ad abbracciare l’innovazione, pur mantenendo salde le tradizioni, il team di Ibrida ha saputo cogliere l’opportunità di una crescente attenzione per i prodotti sostenibili da parte di quelle realtà che sappiano raccontare una storia, avendo come comune Dna la volontà di valorizzare il territorio locale per andare oltre la mera vendita. “Ci piace proporci come degli imprenditori sociali, perché da un lato costruiamo relazioni win-win con i business della zona tramite una birra artigianale di alta qualità, dall’altro co-creiamo momenti di engagement volti ad attivare e coinvolgere le comunità”, concludono i due fondatori. Ibrida si posiziona nel mercato delle birre artigianali e di conseguenza, per natura, investe nella comunicazione, nel design e nell’impiego di materie prime di qualità. È una birra che si pone in linea con le tendenze attuali a livello di prezzo, per andare incontro alle aspettative ed esigenze dei consumatori. La birra dal pane è adattabile a diverse tipologie, come la Ipa, Pale Ale, Porter e Pils che Ibrida ha realizzato sulla base del confronto costante con il birrificio e dello studio dei gusti dei clienti finali. Piuttosto che restare dietro a una scrivania per vendere un prodotto, Ibrida ha scelto il confronto, il dialogo, l’ascolto attivo e la partecipazione fisica. “Vorremmo che Ibrida fosse riconosciuta come un brand in grado di fare la differenza, prima che una birra. E siamo pronti ad accogliere chiunque voglia continuare a scrivere con noi questa storia”, conclude De Berardinis.

di Milvia Panico

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