I prezzi del caffè (all'origine) non smettono di crescere e i rincari in tazzina si fanno sempre più reali, ma oltre gli allarmi arriva la precisazione di IEI. "Il prezzo del caffè al bar deve riflettere esclisivamente la qualità del prodotto in tazza e il livello di servizio offerto e non può essere il risultato di speculazioni politiche o legate a un prezzo fisso, storicamente troppo basso", ha affermato Luigi Morello, presidente dell'Istituto Espresso Italiano.
Secondo la realtà che rappresenta 36 aziende della filiera del caffè (dai torrefattori ai costruttori di macchine da caffè) che esprimono un fatturato aggregato di più di 700 milioni di euro, non ci sono dubbi sul valore di un espresso, soprattutto alla luce della recente discussione dell’aumento del costo della tazzina al bar. E questo nonostante le oscillazioni di prezzo sui mercati globali. Come riportato dall'Ansa, in questi giorni i future a tre mesi della qualità Robusta sul listino di Londra si mantengono sui livelli più elevati di sempre, con un picco di 4.820 dollari alla tonnellata registrato il 28 agosto dopo il massimo storico delle ore precedenti a quota 4.840 dollari. Sorte simile anche per i futures a quattro mesi dell'Arabica, che fanno riferimento al mercato statunitense, con i prezzi a 5.700 dollari a tonnellata. La causa di questi ultimi aumenti, ha confermato un report di Mps market strategy, consiste soprattutto nel clima secco per molti Paesi produttori e soprattutto nella siccità in Brasile, tra i principali esportatori proprio di Robusta, in un momento cruciale per il ciclo vegetativo delle piante.
Eppure, secondo IEI, le polemiche sull'aumento del costo della classica tazzina d'espresso al bar nasconde una certa miopia. Come si legge nella nota diramata dall'istituto, bisogna "riflettere con attenzione, evitando conclusioni affrettate, e a considerare il fatto che l’Italia è l’unico Paese che non riesce a valorizzare adeguatamente la figura del barista e a riconoscere il giusto valore del caffè". Parole che richiamano quelle espresse da Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe, e rappresentano una levata di scudi in difesa non solo del profissionista al banco ("il barista rappresnta l’ultimo miglio nella trasformazione della materia prima", ha ricordato Morello) ma anche dei pubblici esercizi, dove i prezzi sono aumentati al di sotto dell'inflazione e risultano ancora fra i più bassi in Europa.
Più che sul prezzo, quindi, l’Istituto Espresso Italiano intende accendere i riflettori sulle difficoltà di tutta la filiera. "Negli anni passati, i produttori di attrezzature hanno affrontato una grave crisi, causata dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dalla scarsità di componenti elettronici. Ancora più drammatici sono stati gli ultimi 18 mesi per i torrefattori, che si sono trovati ad affrontare una difficile reperibilità del caffè, il costante aumento dei prezzi e ulteriori problematiche logistiche", ha ricordato il presidente di IEI. Difficoltà che generano un abbassamento della reddittività delle imprese coinvolte, bar compresi: nel corso degli ultimi 10 anni, il numero delle imprese che svolgono attività esclusivamente di bar è diminuito di oltre 22mila unità. Un declino che si riversa anche sulla figura del barista: sempre meno attrattiva a causa di stipendi bassi e minor forza di investimento delle insegne del fuoricasa.