Dopo la sbornia delle feste, il nuovo anno è iniziato all'insegna del Dry January. Una iniziativa che trova riscontro nel trend no/low alcohol rilevato da IWSR. Nel 2022, infatti, la richiesta di vino, birra, spirits e ready to drink analcolici o con basso conteuto di alcol è cresciuta del +7% in 10 mercati chiave a livello globale ed è attesa in aumento con lo stesso tasso nel periodo 2022-26 (rispetto al +5% registrato nel 2018-22). A farla da padrona saranno i prodotti senza alcol che copriranno il 90% della domanda.
Secondo le rilevazioni della società specializzata in analisi di mercato, nei 10 Paesi considerati (l'Italia purtroppo non c'è) nel 2022 il valore dei prodotti no/low alcohol ha superato quota 11 miliardi di dollari (quattro anni prima erano 8 miliardi). "La dinamica di questa categoria presenta delle opportunità incrementali di vendita dal momento che pesca i suoi consumatori dal bacino di clientela che solitamente preferisce soft drink e acqua", ha commentato Susie Goldspink, head of no/low-alcohol di IWSR. A fare da apripista per la crescita di queste categorie di prodotto sono le referenze analcoliche: +9% a volume nel 2022 per una quota del 70% della domanda. I motivi di tale successo sono essenzialmente tre: gusti più raffinati, miglioramento delle tecniche produttive e una diversificazione delle occasioni di consumo. Da un punto di vista geografico, è la Germania il mercato dove questo trend è più maturo e remunerativo, seguito da Giappone, Spagna, Stati Uniti e Gran Bretagna. Il minimo comun denominatore?La birra (o il sidro) analcolica che contribuirà secondo IWSR al 70% della crescita attesa nel quadriennio 2022-26.
A spingere questa dinamica, sono soprattutto i Millennials che adottano sempre di più abitudini di consumo ibrido. Basti pensare che il 78% dei consumatori no/low alchol bevono anche prodotti totalmente alcolici, tanto che il più grande sottoinsieme di bevitori di questo tipo (41%) è classificato come sobstituer, ossia persone che scelgono referenze no/low alchol per evitare l'assunzione di alcol in certe occasioni. Gli astemi, invece, si attestano intorno al 18%. "Questo atteggiamento di evitare alcolici in certe occasioni o del tutto sta spingendo la crescita delle referenze no/low alchol. Un trend che si intreccia anche con il contemporaneo successo delle bevande funzionali e una maggiore ricerca di benessere alimentare", ha sottolineato Goldspink. Certo, a patto di riuscire a trovare questi prodotti sul mercato. In molti casi le bevande analcoliche o a basso contenuto alcolico sono spesso messe in secondo piano all'interno dei punti vendita con una difficoltà, da parte dei retailer, a trovare la giusta categoria in cui inserirli. Un problema che rischia di inficiare il generale abbassamento di prezzo (dal +14 al +7% rispetto ai prodotti tradizionali nel giro di un anno).
Per testare con mano queste tendenze, il fenomeno del Dry January cade a fagiolo. L'iniziativa, nata in Gran Bretagna nel 2013, si è presto diffusa a livello globale. L'intento è quello di favorire un mese di astinenza dall'assunzione di alcolici dopo i bagordi delle feste per migliorare la propria salute: rimanere all'asciutto per un mese porta degli effetti positivi su sonno, peso e sulla funzionalità epatica riducendo anche i rischi cardiovascolari e di sviluppare il diabete. Obiettivi che, secondo le stime dell'Alcohol Change UK, dovrebbero accomunare gli sforzi di 9 milioni di persone.