Lo street food è un fenomeno in continua ascesa, eppure ancora troppo spesso rimane un'esperienza fuori portata per chi soffre di intolleranze alimentari. Non sorprende, dunque, come sottolineato da uno studio promosso da Nutrifree su un campione di 1.200 persone che quasi 6 italiani su 10 (57%) preferiscano prepararsi a casa le tipiche specialità di strada. Una tendenza che dà vita a quello che viene definito lo "street food home-made".
Fenomeno che, da un lato, testimonia come negli ultimi anni si sia ampliato il ventaglio di referenze free from sul mercato alimentare direttamente acquistabili dai clienti finali; ma, dall'altro, fa suonare un campanello d'allarme per le tante imprese food retail specializzate nello street food. Una merceologia (e un format) che ha radici antiche e diffuse, capace di evolversi nel corso dei secoli, seguendo da vicino i cambiamenti della nostra società. Dai “baracchini” di epoca romana ai moderni food truck americani, il cibo di strada ha sempre rappresentato un legame con il territorio e le sue tradizioni, preservando le abitudini alimentari di ogni cultura. Ora, però, è chiamato a un ulteriore step. A beneficiarne, secondo un recente report della Camera di commercio di Milano Lodi e Monza Brianza, 2.915 attività tra sedi di impresa, sedi secondarie e unità locali attive. Numeri che sono cresciuti del +3,6% in un anno e del +49% in cinque. Il tutto per un settore che vale 19 milioni di euro in Italia, di cui oltre tre milioni in Campania ed Emilia-Romagna. Tra le città, Roma è prima con 199 attività, seguita da Milano che ne ha 194.
Una sfida complessa che, tuttavia, potrebbe sbloccare, per esempio, un bacino di quasi 252mila italiani che soffrono di celiachia a cui si potrebbero aggiungere altre 350mila persone celiache che ancora non sanno di esserlo. La presenza di glutine e di altri allergeni comuni in molti piatti di strada rende difficile, se non impossibile, partecipare a questo rito gastronomico senza preoccupazioni. Il rischio è che chi soffre di intolleranza alla fine si convinca che il fuoricasa non fa per loro: sono sempre meno, infatti, coloro che (46% del campione della ricerca promossa dallo specialista free from) che reputano ininfluenti le intolleranze alimentari quando si sceglie di consumare cibo di strada. "Nonostante gli sforzi della ristorazione, è spesso difficile trovare locali che abbiano un'offerta sicura per chi soffre di intolleranze e in ogni modo spesso si è costretti a mangiare sempre le stesse cose - sottolinea la dott.ssa Marina Ottaviani, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione - Lo street food home made, invece, consente una notevole varietà, grazie anche ai panificati diversi offerti dalle aziende specializzate, dai panini alle piadine alle focacce, oltre che cereali in grani e pasta".