Il primo ottobre ha aperto a New York il nuovo ristorante di Ginger, l’healthy restaurant mediterraneo nato a Roma e ora a capo di 4 location. Con una proiezione di 14 milioni di euro di fatturato (a cui nel 2026 si dovrebbero aggiungere gli 8-9 della Grande Mela) e un Ebitda che nel 2024 è arrivato al 18%, il brand della famiglia Asara "sblocca" un nuovo modo di interpretare la cucina di ispirazione italiana unendo una proposta e un servizio ricercati a location iconiche.
Quello di New York è un progetto atteso, che ha dovuto fare i conti con qualche stop&go. Un ristorante di 700 mq a pochi passi dal Rockfeller Center. Pensato in collaborazione il contractos Costa Group e Three House Design di New York, il ristorante presenta un layout caratterizzato da materiali naturali - terracotta, legno chiaro, pietra rifinita a mano - e un'illuminazione curata. Gli interni evocano la sensazione di una terrazza romana immersa nel cuore di Manhattan. Il ristorante può ospitare fino a 200 persone in totale e offre anche una sala per 50 ospiti con possibilità di organizzare eventi privati e incontri di lavoro. "I nostri ospiti vengono da Ginger perché è in linea con il loro stile di vita: accogliente, equilibrato e sostenibile", racconta Dario Asara, ceo del brand. Situato nella vivace Midtown, Ginger New York è quindi pronto a servire un pubblico dinamico e attento al design: professionisti, local e turisti.
A questa comunità, Ginger offre qualcosa di raro: cucina italiana leggera, fresca e gustosa. "La proposta non si ferma alle ricette tradizionali - sottolinea Asara - ma abbraccia una proposta salutare, all day long, dalla caffetteria alla colazione continentale, dal light lunch alla cena con circa il 70% di prodotti da agricoltura biologica: cereali, pasta, legumi, la carne, certe volte il pesce allevato". Una sfida per le operation: "Facciamo quasi tutto in casa: pane, impasto per la pizza, hamburger, usiamo molto la cottura sottovuoto a bassa temperatura anche negli Usa. Ci definiamo una cucina tecnologica, tendente al gourmet come preparazioni ma non come porzioni. Per la filiera possiamo contare anche su una piccola azienda agricola di proprietà che ci rifornisce il vino, Aglianico, Greco, ecc. e olio certificato biologico insieme a 3 vini su 5. Anche il pomodoro arriva da una cooperativa certificata. A New York non potremmo portarci i piccoli produttori locali, ma c’è una buona offerta ortofrutticola locale", spiega Asara. Nel menu il risultato è una proposta che passa dai taglieri ai panini, dai centrifugati all’açaí, dalla caffetteria alla mixology, dalla pizza alla pasta e poi insalatone, burger, tataki di tonno, tagliata di manzo e cotture al vapore (scontrino medio sui 45 euro a cena).
Fondato nel 2012, con tre sedi nel cuore di Roma (piazza di Spagna, Pantheon e Corte Laica), Ginger si è rapidamente guadagnato un pubblico federe grazie a una filosofia che unisce "sapori e salute" (come recita il claim). L'obiettivo è quello di porsi come un rituale quotidiano, una mentalità e uno stile di vita che esorta gli ospiti a mangiare sano, sentirsi bene e vivere in modo consapevole, senza compromessi. In tal senso, diventa essenziale il personale. "A Roma si fatica a trovare lo staff a tutti i livelli, è saltata una generazione. A New York è più semplice, con molti CV validi con esperienza nel settore; anche se le paghe non sono poi così alte e necessitano dell'integrazione della mancia che qui è parte integrante del reddito da lavoro", risponde Asara.
Il debutto di Ginger a New York rappresenta anche un caso di studio per approfondire similitudini e differenze nel real estate commerciale fra Italia e Stati Uniti. "A New York devo confessare che siamo stati fortunati perché abbiamo raggiunto un accordo per il leade del locale durante la pandemia, quando i prezzi erano più abbordabili visto il momento di contrazione del mercato - ammette Asara - In generale, comunque, qui gli affitti sono sì più alti, ma non di troppo rispetto al centro di Roma. La vera differenza si vede in tema di construction con costi di allestimento anche 3-4 volte superiori all'Italia. Per trovare la location giusta, ci facciamo seguire da intermediari specializzati mentre abbiamo tutto un team dedicato agli aspetti burocratici che nel Belpaese sono molto dispendiosi in termini di tempo, attenzione al dettaglio, interlocuzione con Comune e Sovrintendenza. Aspetto che anche negli Stati Uniti non è da meno, a dispetto di quanto si dica, con una barriera digitale che rende le autorizzazioni più fredde e schematiche ma non per questo meno tortuose".
NB: L'articolo è tratto da RMM 3/2025, disponibile a questo link: https://ristorazionemoderna.it/magazine/ristorazione-moderna-magazine-3-2025.html