Razionalizzazione (delle insegne) è la parola chiave del franchising tricolore, secondo l'analisi del Rapporto Assofranchising Italia 2024 realizzato da Nomisma. Se da un lato aumentano i punti vendita, dall'altro diminuiscono i brand attivi. Una dinamica che non intacca il giro d'affari che ormai sfiora i 34 miliardi di euro (+9,9% sul 2022).
Nella fotografia scattata dall'associazione aderente a Confcommercio, l'affiliazione si consolida come una soluzione in grado di offrire un rapido posizionamento strategico e consente di ridurre rischi e incertezze per un modello di business che resta una scelta strategica per entrare nel mercato con una base solida, riducendo il rischio d’impresa. Le buone performance del giro d’affari del settore (che vale l’1,8% del Pil), si riflettono anche sugli altri indicatori. Nel 2023 cresce il numero di punti vendita in franchising con un’accelerazione superiore rispetto al trend registrato in passato (+7,6% vs 2,2%): il numero complessivo di punti vendita raggiunge le 65.806 unità (+4.664 rispetto al 2022) e il numero degli addetti occupati che si attesta a 287.767 (+34.919 unità). Gli elementi che hanno caratterizzato la crescita sono riconducibili in particolare agli investimenti attuati per coinvolgere nuovi franchisee, in particolare da parte dei grandi brand e alla creazione di nuove insegne. Considerando le insegne operative, nonostante l’inserimento di nuovi player, continua il trend discendente che si era accentuato nel 2022. Nel 2023, sono 25 le insegne venute a mancare (per un totale che si attesta a 929 insegne). Per il 2024 le previsioni sul fatturato complessivo del comparto sono viste in crescita e nell’ordine del +4,3%, con alcuni settori merceologici dove si è previsto un aumento a doppia cifra (+10,3% cura e benessere della persona).
Il rapporto Assofranchising dedica una sezione di approfondimento rivolta alle tecnologie impiegate dal comparto con particolare riferimento all’intelligenza artificiale. Soltanto il 19% degli intervistati dichiara di utilizzarla nei processi aziendali, mentre il 27% la impiega sporadicamente. La necessità di innovare e di creare un vantaggio competitivo è il fattore chiave che ha spinto le aziende ad utilizzarla la prima volta. Comunicazione, marketing e CRM sono invece gli ambiti dove l’AI viene utilizzata più frequentemente (84%), seguita dalla sicurezza informatica (34%), dalla produzione (33%) e dalla logistica (23%). La mancanza di competenze ed expertise all’interno delle aziende è la prima causa che disincentiva l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, anche se nel 2028 si prevede che sarà utilizzata da 1 azienda su 2 perché considerata una leva strategica per l’aumento dell’efficienza operativa, nell’automazione dei compiti ripetitivi e nella personalizzazione dei servizi e dei prodotti. L’attenzione da parte delle aziende che operano in franchising sui tre pilastri Esg è abbastanza omogenea, tuttavia, anche se nelle imprese l’ambito Esg è presidiato, nel 76% dei casi manca un referente. Presidiare i temi Esg è fondamentale per le aziende per comunicare apertamente il proprio impatto su ambiente, società ed economia (63%), ma anche per aumentare la propria competitività (43%). La sostenibilità e l’impegno sociale sono gli ambiti dove la cultura aziendale si è più radicata, con l’87% delle imprese che ha realizzato almeno un’azione per ridurre il proprio impatto ambientale e l’86% che ha adottato almeno una procedura o policy relativa ai temi sociali.
"Il franchising si conferma nuovamente un comparto capace di rendere competitivo il Paese generando risorse e occupazione. Ma non solo: dall’indagine emerge chiaramente la volontà di questo settore di guardare al futuro scommettendo su tutte e tre le sfide Esg, e su una capacità gestionale innovativa dove l’intelligenza artificiale può fare la differenza nel facilitare i processi e le operazioni. Ritengo però che l’intelligenza umana e la capacità di creare relazioni tra le reti e con i clienti rimarranno sempre il carattere distintivo di ogni brand che opera in franchising", ha spiegato Alberto Cogliati, presidente di Assofranchising. In un contesto che guarda all'ottimizzazione della rete, "la miopia nei confronti del cliente può portare a conseguenze indesiderate; che si tratti di nuovi brand o storici, il successo risiede in un’attenta analisi del valore per il mercato e nella costruzione di una proposizione di offerta e di servizio capace di mettere il consumatore al centro", ha avvertito Roberta Gabrielli, head of marketing, business process and communication di Nomisma.
Guardando più da vicino i dati, emergono interessanti dettagli riguardanti la ristorazione in franchising che vale il 12% del settore, pari a un giro d'affari di 3,92 miliardi di euro previsto in crescita del +3,4% nel 2024. In totale, sono 180 le reti in franchising attive in Italia, con una prevalena geografica nel Nord-Ovest del Paese, a capo di un network di 4.899 punti vendita (il 7% delle "vetrine" totali). Allo sviluppo delle catene di ristorazione in franchising, inoltre, il rapporto attesta anche: parte dell’incremento del numero di addetti del settore dovuto alle nuove aperture e l'affermarsi del fenomeno Mumbo (multi-unit-multi-brand-operator). L'82% dei franchisor ha multi affiliati, ovvero franchisee con il diritto di operare con più di una unità o un punto vendita all’interno di un’area prestabilita. Per i franchisee i vantaggi sono principalmente economici: condivisione delle spese, ottimizzazione del magazzino, marketing con economie di scala e condivisione delle risorse.