L'impatto dell'inflazione si è fatto sentire sulla pausa pranzo a cui, tuttavia, secondo una ricerca Edenred, gli italiani non rinunciano e la cercano più sana. Sono, infatti, 8 su 10 i nostri connazionali che vorrebbero poter scegliere alternative salutari in questa occasione di consumo.
A far emergere questo dato, diffuso in occasione della Giornata mondiale dell'Alimentazione, sono i risultati della 15° edizione di Food (Fighting obesity through offer and demand) che fotografa le abitudini alimentari delle persone in pausa pranzo e l'offerta dei ristoratori. Una ricerca basata sulle risposte di 49.990 dipendenti e 1.491 ristoranti in 22 paesi del mondo che conferma un trend di lungo corso: i dipendenti e i ristoratori stanno dimostrando una maggiore attenzione alle opzioni alimentari sane, ma devono affrontare limitazioni dovute a vincoli di budget. Dai dati rilevati a livello nazionale, in particolare, risulta che per 1 italiano su 5 la spesa per il cibo impegna più del 40% del budget mensile, con quasi il 90% che ritiene probabile nei prossimi mesi un ulteriore aumento dei costi. Le preoccupazioni per l’inflazione, che fatica ad arrestarsi, vanno di pari passo con una sempre più marcata sensibilità verso i temi della sana e corretta alimentazione e verso le iniziative contro lo spreco, aspetti su cui il mondo della ristorazione sta adeguando la propria offerta.
Gli effetti dell’inflazione sono confermati anche da parte della ristorazione, con 7 partner su 10 a registrare nell’ultimo anno un numero di clienti pari o inferiore all’anno scorso (in aumento solo per il 14% degli intervistati). D’altra parte, se per 9 ristoranti su 10 il primo fattore di attrattività è la competitività dei prezzi, il 74% concorda che oggi la clientela ricerchi un’offerta salutare: una constatazione che ha spinto un ristoratore su due a cambiare fornitori per avere più prodotti sani e locali e quasi il 60% a dichiarare l’utilizzo di prodotti biologici per la preparazione dei piatti. L’attenzione a una dieta sana e bilanciata trova riscontro anche nell’80% dei lavoratori intervistati che ricerca un’offerta più sana dai ristoranti, aspettativa motivata da motivi di salute per il 70% dei casi e ricercata nella disponibilità di prodotti freschi (63%), di una maggiore offerta di verdure (54%) e di chiare indicazioni nutrizionali in etichetta (45%). Infine, il 61% dei ristoratori italiani intervistati, a fronte del 44% rilevato globalmente, pensa che prevedere azioni contro lo spreco alimentare spinga il cliente a mangiare nel suo ristorante: l’85% dei ristoratori afferma infatti di aver intrapreso azioni per contrastarlo, come il riutilizzo di ingredienti per la preparazione di altre ricette (56%) o la distribuzione di doggy bag (44%).
I dati della ricerca della società specializzata in welfare aziendale sottolineano il ruolo dei buoni pasto come supporto per aumentare il potere d’acquisto e migliorare la quantità e la qualità dei pasti. Contro il carovita, l’80% dei lavoratori italiani, in linea con i dati globali, vede nel buono pasto un supporto concreto ai consumi, tanto da farne un criterio di scelta del ristorante in cui consumare il pranzo. Un benefit irrinunciabile, senza il quale il 71% degli intervistati conviene che verrebbe danneggiato il proprio potere d’acquisto. Viceversa, l’ipotesi di un buono pasto più sostanzioso incentiverebbe 8 consumatori su 10 a utilizzarlo per migliorare la qualità dei pasti. Anche per il mondo della ristorazione il buono pasto rappresenta uno strumento prezioso: per il 63% degli esercenti ha un impatto positivo sulla propria attività, con il 58% che gli riconosce di favorire l’aumento del fatturato e il 56% di ricavarne una maggiore visibilità.