Negli ultimi 10 anni (2012-23), il food italiano è passato, secondo il Food Industry Monitor della UniSG di Pollenzo, da 53 a 90 miliardi di euro di valore. Le esportazioni hanno visto una crescita continua, passando nello stesso periodo da 23 a 44 miliardi di euro. Gli occupati nella sola industria di trasformazione alimentare sono aumentati da 449.000 a 488.000, con una crescita record di circa 39.000 unità, in un periodo non particolarmente positivo per l’economia italiana.
Questo il sunto della decima edizione del report presentato all'istituto piemontese che si basa sull'andamento di circa 840 aziende attive in 15 comparti del settore food. Nel periodo di tempo considerato, queste realtà hanno performato costantemente meglio delle medie imprese italiane (dati MBRES) non solo in termini di redditività (ROI), ma anche per quanto riguarda la produttività degli investimenti e il tasso di indebitamento. Sebbene siano ancora relativamente piccole, con un fatturato medio di circa 97 milioni di euro (+4,4% anno in 10 anni) e 178 collaboratori, rappresentano comunque delle eccellenze e delle leadership a livello europeo. Serve quindi una spinta all'aggregazione: dal 2009 a oggi, sono state "solo" 72 le acquisizioni di cui 26 verso target internazionali per un controvalore di 5,4 miliardi di euro. Per chi ha deciso di intraprendere questa strada, i dati parlano chiaro: nel giro di tre anni il fatturato aumenta quasi del +90% e l'Ebitda migliora del 6%. "È arrivato il momento per le aziende italiane del food di consolidare gli eccellenti risultati del periodo post-Covid. La crescita dimensionale è una priorità che deve essere perseguita anche attraverso acquisizioni e fusioni che andrebbero non solo a vantaggio della singola azienda, ma anche delle filiere produttive", ha evidenziato Alessandro Santini, head of corporate & investment banking per Ceresio Investors.
Andando più nello specifico, il settore food italiano viene da un anno positivo che ha visto una crescita del +10% nel 2023 grazie sia alla buona tenuta del mercato interno sia alle ottime performance dell'export. Fuori dai confini italiani, infatti, il nostro cibo genera un valore di 44 miliardi di euro (+6,3%). Questo si ripercuote positivamente sulla redditività delle imprese con un indice ROS pari al 5,1%. "Il settore continua a crescere sia per la buona tenuta dei consumi interni sia per la forte dinamicità sul mercato internazionale. L’export di qualità è una forza propulsiva determinante del settore del food italiano", ha spiegato Carmine Garzia, responsabile scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. Nel 2024-25, quindi, c'è da attendersi un miglioramento ulteriore e una crescuta del +4,8% che diventerà del nel 2025. +5,2%. Le merceologie più dinamiche? Caffè, olio, distillati e vino i driver. Pasta, latte e derivati, e dolci dovranno guardarsi dalle tensioni sulle materie prime e la distribuzione.