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Le "stelle" del fuoricasa? Cercatele nel food retail
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Pensare che l’impatto della pandemia, dell’inflazione e delle nuove abitudini di consumo potesse avere una durata e una portata misurabile è risultato vano quando, a gennaio, il Noma di Copenaghen ha annunciato l’intenzione di chiudere i battenti. Ma come? Anche un tristellato non riesce a tenere il ritmo? La ristorazione è in crisi? D’altronde, anche in Italia abbiamo avuto un’avvisaglia simile con la sospensione delle operazioni al St. Hubertus guidato dal tre Stelle Michelin Norbert Niedelkofer. Com’è stato possibile? E soprattutto: cosa c'entra questo con la ristorazione commerciale?
Il gusto non basta più: bisogna costruire un nuovo paradigma.
Proviamo a suggerire una risposta: il gusto non basta più! Oggi, la ristorazione, come fenomeno di massa, anche quella premium (magari con più follower che effettivi commensali), si sta adattando a un nuovo paradigma. E per farlo ne scuote le fondamenta modificando lo schema con cui si calcola il valore della proposta. Tracciabilità delle materie prime, gestione del personale, marketing inclusivo e servizi frictionless sono ormai parte integrante del motivo per cui un consumatore sceglie un locale piuttosto che un altro (solo 9 clienti su cento sono fidelizzati a un singolo brand). E si evita l’erosione del margine. Elementi attorno cui è costruita la ristorazione a catena che, nel frattempo, sta prendendo sempre più piede: sebbene rappresenti solo l'8-10% del totale dei locali, nel 2021 è cresciuta del +23%.
È scattato l'ora del "darwinismo ristorativo".
Basterà per vincere la corsa del "darwinismo ristorativo"? D'altronde, nell'ultimo anno il saldo fra attività avviate e cessate è in negativo di 17mila attività ristorative. E negli ultimi 10 anni si sono persi oltre 15mila bar. La concorrenza è forte. Per questo nasce il trimestrale di Ristorazione Moderna: raccontare le best practice che funzionano nel mondo del food retail. Dall’integrazione del plant based (come il kebab vegano di Kebhouze o il panino di Flower Burger) ai test con i novel food (da Pane & Trita si usa la farina di grillo), dalla flessibilità dei format (per le caffetterie 12oz bastano una decina di mq) a quella della proposta (sempre più all day long come sta accadendo con pasticcerie e galaterie), dalla capacità di cogliere le occasioni immobiliari (con i centri commerciali pronti ad assorbire nuovo sviluppo) alla raccolta di capitali (magari in crowdfunding come Filetteria Italiana), dalla gestione oculata del personale (con academy e percorsi di crescita formativa) all’adozione di operazioni sempre più digitali (come la gestione dei buoni pasto virtuali di Coverflex o Sodexo). Nel primo numero del magazine - e online - alcune soluzioni per vincere la “stella” del fuoricasa.
di Nicola Grolla