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Davide Longoni, panettiere e fondatore dell'omonima catena di bread bar milanesi
Davide Longoni, panettiere e fondatore dell'omonima catena di bread bar milanesi
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Davide Longoni: “La panetteria rinasce dall’esigenza del quartiere”

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- Davide Longoni panifici - Panifici Davide Longoni Milano

La rete di 8 botteghe milanesi di Davide Longoni rappresenta il manifesto del professionista che ha rinnovato l'arte bianca con una filosofia anti-format. Figlio d'arte (il nonno e il padre avevano un forno in Brianza), panettiere, imprenditore del food retail (a cui si aggiungono anche i punti vendita agricoli) Longoni ha aperto la strada per la rivoluzione delle botteghe di quartiere. La prima in via Tiraboschi, zona Porta Romana nel 2013; l’ultima in via Cagnola, le prossime 3 in 5 anni (a partire dal Mercato Centrale di Bolzano a novemebre). Location che al rientro dalle vacanze hanno riaccolto gli habitué e non solo: "Ogni anno arriviamo alla ripresa con la solita dose di ansia - scherza Longoni al telefono con RM - Sembra quasi il giorno dopo Capodanno. Dopo la delle scuole, si ritorna al solito ritmo". Che in termini produttivi significa quasi 2.000 kg di pane al giorno.

L'intervista a Davide Longoni (Panificio Longoni).

Com’è andato l’ultimo anno?

È stato un anno di crescita, con tre nuovi punti vendita, tappe di un piano organico di sviluppo. Fra queste c’è anche la linea B2B che cresce di numero e accoglie clienti come Feltrinelli. Prossimo passo l’hotellerie. Oltre che sulla gradevolezza, infatti, puntiamo su una naturale shelf life più lunga che consente di ridurre lo spreco. Questo ci dovrebbe permettere di raggiungere i 7 milioni di fatturato a fine anno e i 10 nel 2027.

La rivincita di una proposta tradizionale e della filosofia "anti-format". Che spazio c’è per il food retail di prossimità?

La nostra tipologia di esercizio nasce dall’esigenza del quartiere. Per questo non hanno uno standard definito: si passa da quelli con sedute e dehors a quelli solo take away. Il tratto comune è la qualità del prodotto. Di certo, post-Covid, l’attività di quartiere è tornata centrale per tante esigenze, compresa la voglia di avere un contatto diretto con il commerciante. E a livello immobiliare abbiamo giocato sulla flessibilità.

Davide Longoni 2

Il panificio, però, è l’ultimo anello della catena. Come si struttura la vostra rete di fornitori?

Le farine sono le nostre, intorno al 30%. Le produciamo a Chiaravalle dove abbiamo un’azienda agricola (“Pane e Terra”, ndr) di 12 ettari circa; mentre in Abruzzo, tra Civitaquana e Catignano, sulle colline aprutine, 25 ettari sono dedicati a grani duri, teneri, farro e olio. Si tratta di produzioni biologiche su cui contiamo per dare maggiore dinamismo all’offerta, anche se questo significa complicare ancor di più il lavoro dell’artigiano. Fortunatamente possiamo contare su una solida rete di partner con mulini di fiducia come Molino Sobrino, Molini del Ponte e Molini Agostini, che macina anche le nostre farine agricole. Lato olio ci appoggiamo anche a De Fermo. Sul burro e le uova è più complicato affrancarsi dall’industria, anche se qualche passo lo stiamo facendo, per esempio con l’azienda agricola Salvaderi. E poi ci sono i salumi di Malintesa, il pomodoro è di Fragrassi, ecc.

Come si concilia questo con le nuove tendenze di consumo?

Siamo retro-innovatori e come dice Davide Paolini: “La tradizione è innovazione riuscita”. Inoltre, le nuove generazioni sono sempre più attente a quello che mangiano. Non a caso lavoriamo molto prodotto vegetale, abbiamo introdotto i cibi fermentati come il kimchi e dove possibile spingiamo il tè al posto dell’alcol. Insomma, ci piace essere contemporanei. Senza per questo snaturarci: il nostro pane è realizzato con pochi semplici prodotti come acqua, farina, sale e lievito made.

Basi solide e un po’ di ecclettismo. Questa la chiave nel food retail?

Sì, chi ha basi solide e rimane coerente con la scelta fatta sulle materie prime e la loro panificazione possiede la base per conquistare i clienti. Poi c’è bisogno di fare un piccolo passo in avanti. Il mondo del bar italiano, che è da sempre una specificità del Made in Italy, recentemente è entrato in crisi. Il più delle volte si trattava di attività indipendenti, a gestione famigliare che non hanno tenuto botta alle recenti crisi. Uno spazio in cui si sono inseriti diversi forni organizzati dando vita a dei bread bar dove la vendita di pane affianca la caffetteria.

Un trend che sta prendendo piede sia in Italia sia all’estero.

Milano, Roma e Bologna sono attualmente le città italiane della bakery d’eccellenza. Londra e Copenaghen quelle europee. Il concetto si sposa bene con il contesto urbano dove le persone vivono meno il vincolo dell’orario fisso, tanto che la colazione alle 10.00 diventa l’occasione per fare un meeting.

Davide Longoni 3

Che spazio c’è per il digitale in un’impresa con queste caratteristiche?

Nonostante le apparenze artigianali, abbiamo fame di dati. Per facilitare il rifornimento dei negozi abbiamo implementato un sistema d’ordine stile eCommerce che comunica direttamente con il laboratorio centrale le esigenze del punto vendita oppure dei clienti B2B. Questo strumento ci permette anche di tenere sotto controllo il food cost e prevenire eventuali sprechi. Infine, abbiamo attivato una partnerhsip con Cosaporto per il food delivery sulla base di valori comuni d’impresa.

Che personale serve, oggi, per un lavoro a cavallo di artigianalità e innovazione?

Ultimamente cerchiamo più cuochi che panettieri. Il profilo ideale è un giovane che ha avuto esperienze in cucina, conosce gli standard igienici e gli alimenti che va a trattare. E devo dire che finora non siamo mai andati in sofferenza sul personale. La sfida è quella di mantenere i talenti che formi attraverso una serie di incentivi, motivazioni e coinvolgimenti in percorsi di crescita professionale. Non solo all’interno dell’azienda ma anche avvalendoci di professionisti esterni e su determinate aree di interesse.

di Nicola Grolla

L'articolo è tratto da RMM 3/2024, disponibile a questo link: https://ristorazionemoderna.it/magazine/ristorazione-moderna-magazine-3-2024.html

       
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