Diminuiscono i locali ma aumenta la spesa per i consumi fuoricasa: segnale positivo o no? La risposta la dà l'Osservatorio Ristorazione di RistoratoreTop. Elaborando i dati Movimprese e Fipe e incrociandoli con dati interni sulle variazioni di prezzo emerge un quadro negativo per la ristorazione. Perché se è vero che nel 2024 i consumi fuoricasa hanno toccato il record di 96 miliardi di euro, è anche vero che questo è avvenuto sulla spinta dell'inflazione di cui hanno risentito anche le stesse imprese. L'aumento dei costi vivi (dalle materie prime alle bollette, passando per affitti e personale) hanno, infatti, determinato una situazione di difficoltà per molti esercizi tanto che il saldo tra attività iscritte e cessate nelle Camere di commercio è il più alto dell’ultimo decennio: -19.019.
Per quanto possa sembrare incoraggiante il dato sui 96 miliardi spesi dagli italiani per mangiare fuoricasa, "se accostato alle 29.019 cessazioni a fronte di appena 10.719 nuove aperture, è indicativo esattamente del contrario: la ristorazione italiana sta attraversando una crisi strutturale caratterizzata da forte sfiducia da parte degli imprenditori - ha sintetizzato Lorenzo Ferrari, presidente dell'Osservatorio Ristorazione e ad di Ristoratore Top - Questi dati ci raccontano che mangiare al ristorante sta diventando sempre più un lusso per la maggior parte degli italiani e non passerà molto tempo prima che cambino frequenza e abitudini di consumo anche per la fetta di utenza altospendente che sta tenendo in piedi il settore. Stanno sopravvivendo, o addirittura fiorendo, quelle attività che hanno saputo intercettare e interpretare i bisogni dei clienti, sempre più orientati a vivere un’esperienza, le rivoluzioni tecnologiche e lo snellimento dei modelli di business".
Andando più nel dettaglio dei dati raccolti dall'agenzia di consulenza emerge che un aumento dei prezzi di listino applicato dai ristoratori pari al +6% nel 2024 (+19% sul 2020) non è bastato a far quadrare i conti. A pagare dazio sono state, principalmente, le attività in provincia di Roma: -495 locali in un anno fra aperture e chiusure (-1,9%). A Bologna, invece, si è registrata la maggiore incidenza di locali spariti sul totale: -3% (ovverro 168 attività). Sempre rimanendo al Nord, Milano segna una perdita di 221 ristoranti (-1,2%) su 17.711 e Torino di 103 unità (-0,8%). Fa da contraltare il Sud Italia con Palermo (cresce dell’1,4% con +75 attività arrivando a quota 5.546) e Napoli (+0,3% con 56 attività in più rispetto alle 17.663 attive nel 2023). Bene anche Firenze: +0,5%, da 5.126 a 5.154 unità. In generale, comunque, si va depauperando l'offerta che cala per il quarto anno consecutivo registrando a fine 2024 una diminuzione dell'1,26% delle imprese registrate alle Camere di commercio che ora toccano quota 382.680 (sono invece 327.850 quelle attive).
Alla diminuzione del numero di ristoranti, soprattutto nelle grandi città, è corrisposto anche il consolidarsi di tre fenomeni secondo RistoratoreTop: "La crescita delle dark kitchen come braccio operativo di numerosi brand virtuali, spesso sotto l’egida di una singola società; l’orientamento verso l’apertura di locali scalabili, ovvero replicabili e trasformabili in catene; l’apertura di ristoranti nati per cavalcare l’hype da novità e durare non più di tre anni per poi chiudere e riaprire con un nuovo brand e una nuova offerta gastronomica", rivela Ferrari. Detto diversamente: molti imprenditore del settore stanno rimodellando il proprio business per andare incontro all'effettivo potere d'acquisto dei clienti e la ricerca di identità ben precise sia a livello di offerta gastronomica (con il ritorno alle cucine tradizionali) sia a livello di modello di business (con la creazione di network, anche di piccole dimensioni, che garantiscono un maggiore controllo di gestione). Denominatore comune di queste attività è "l'utilizzo della tecnologia dentro e fuori il locale, soprattutto nel rapporto coi clienti e nelle attività di comunicazione e marketing", ha concluso Ferrari.