In attesa degli ultimi tre mesi dell'anno, secondo il Retail Barometer di Confimprese-Jakala, non c'è crescita nel commercio al dettaglio per il 2025. Le stime su base semestrale dell'osservatorio (che coinvolge 50 brand, 100mila punti vendita e 1,2 milioni di addetti) ritoccano al ribasso quanto anticipato a inizio anno: dal +1,7% atteso si è passati allo zero dell'ultimo trimestre, a parità di rete. Ristorazione compresa.
Un bagno di realtà, quello offerto dall'associazione di categoria, che apre a una necessaria riflessione sulle strategie distributive e sulla gestione dei punti vendita. A partire da quelli della ristorazione che, in vista della chiusura del quarto trimestre dell'anno, dovrebbe registrare una perdita del -1% di consumi. Peggio fa l'abbilgiamento-accessori (-2,3%) che già spera nei saldi del prossimo anno. Diverso il discorso per altro retail, l'unico segmento merceologico con prospettive positive: +1,8% di consumi. "Il trend appare ormai abbastanza consolidato - ha commentato Mario Maiocchi, direttori del Centro studi di Comfimprese - Nonostante l’inflazione sia sotto controllo, i consumatori mostrano un atteggiamento cauto, improntato al risparmio sugli acquisti discrezionali e alla prudenza in quelli di prima necessità. Cosa questa che frena i consumi e la possibilità di crescita. Volatilità e incertezza dominano il contesto economico e su questi fattori è necessario fare una riflessione per adottare misure, anche in sede istituzionale, che mirino a ripristinare il potere di spesa delle famiglie dopo l’erosione inflattiva degli scorsi anni". Pensare che il risultato generale sia una sorpresa, però, è sbagliato. Sull'andamento dell'ultima parte dell'anno, infatti, contribuisce un'estate che non ha raggiunto i risultati attesi. Ad agosto, il mercato dei consumi al dettaglio ha registrato un fatturato del +1% sullo stesso mese del 2024. E questo a fronte di un periodo gennaio-agosto 2025 in calo del -0,4% sullo stesso periodo dell'anno precedente che ha solo alleviato il passivo di inizio anno e del primo semetre, fermo a -1,9%. La morsa della crisi, insomma, non allenta le maglie e, contrariamente a quanto si possa pensare sul mese vacanziero per eccellenza, i consumatori si mostrano tiepidi e fanno solo acquisti ragionati, nonostante i saldi partiti in luglio.
Il vero campanello d'allarme, comunque, arriva dai dati sugli scontrini e il traffico in store. Nel primo caso, perdura la riduzione del numero di ricevute stampate dai punti vendita che non è stata sufficientemente compensata dall'aumento dello scontrino medio. Due terzi delle aziende censite dallo studio Confimprese-Jakala, infatti, riscontrano ancora un andamento negativo del fatturato nel progressivo gennaio-agosto 2025 rispetto a gennaio-agosto 2024. Certo, nel corso dell’anno c’è stato un aumento ponderato dei listini pari al +1,4% (per abbigliamento-accessori del +2,1%), ma non abbastanza per riportare in crescita la marginalità, che ha avuto un impatto negativo per la metà delle aziende con punte dell’80% per il comparto abbigliamento-accessori. Al calo del numero di scontrini si associa anche la flessione del numero delle visite in negozio pari al -3,5% lamentata dal 59% dei retailer su tutto il territorio nazionale trainato dalle regioni del Nord-Est e del Centro, che mostrano valori al di sotto della media Italia. Si rileva, inoltre, che i consumatori sono sempre meno disposti a percorrere una distanza considerevole dalla home location al punto vendita fisico. Un’ultima nota riguarda due aspetti che incidono sui conti economici: i costi del personale giudicati in aumento dal 69% delle aziende, e i costi di struttura (affitti, servizi, ecc.) giudicati in aumento dal 71%.
Come detto in apertura, quindi, diventa necessario riflettere sulle direttrici di sviluppo del retail. Aperture selettive, chiusure o rilocazioni, accompagnate da programmi mirati a stimolare traffico e conversione, migliorare l’esperienza in negozio e rendere l’offerta più in linea con le esigenze dei consumatori diventano opzioni da considerare. Tra le leve da azionare per attirare il consumatore in punto vendita vi è la spinta promozionale, ma il 55% delle aziende pensa di ridurla da qui a fine anno. Ma questa è un’arma a doppio taglio se si considera che solo il 6% dei consumatori dichiara di non essere attento a sconti e promozioni. Anzi, dato il ridotto potere d’acquisto e la rinuncia ai bene voluttuari a favore di quelli di prima necessità, la leva promozionale dovrebbe essere tenuta in maggiore considerazione dai retailer per fare battute di cassa e aumentare il numero di scontrini.