La corsa dei prezzi rallenta a novembre sia a livello generale (-0,4% su base mensile secondo Istat) sia al ristorante: +4,2% tendenziale secondo Fipe. Una boccata di ossigeno per i consumi che si avvicinano al picco del periodo natalizio con un margine di spesa più ampio grazie alla riduzione, in primis, dei costi energetici e, in secondo luogo, dei beni alimentari nonché dalle politiche di aumento dei tassi di interessi adottata dalla Banca centrale europea.
Andando subito nel dettaglio, come dimostrano i dati dell'Ufficio Studi di Fipe, per quanto riguarda i pubblici esercizi e la ristorazione si è passati da un inflazione tendenziale del +4,7% di ottobre a una del +4,2% di novembre. Un trend che dimostra come, dietro l’adeguamento dei prezzi dei mesi scorsi, non ci siano azioni speculative ma, più semplicemente, la necessità di ammortizzare l’aumento dei costi, spesso anche soltanto parziale, con l’unico obiettivo di garantire la sopravvivenza delle aziende. Difatti, la diminuzione della pressione inflattiva è diretta conseguenza del rallentamento dei beni energetici e dei costi delle materie prime alimentari.
Secondo quanto riporta Istat, infatti, a novembre l’indice dei prezzi al consumo per la collettività al lordo dei tabacchi ha registrato lo scorso mese una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento di 0,8% su base annua rispetto al +1,7% di ottobre: si tratta del minimo da marzo 2021. Come detto, la decellerazione di deve prevalentemente ai prezzi energetici (-22,5% quelli non regolamentati, -36% quelli regolamentati) e agli alimentari lavorati (+6,3% da +7,3% del mese precedente). Effetti che risultano solo in parte compensati dall’accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +4,9% a +5,8%). L’inflazione di fondo, al netto di energetici e alimentari freschi continua a rallentare (da +4,2% a +3,6%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +4,2%, registrato a ottobre, a +3,7%). L’inflazione acquisita per il 2023 è quindi pari a +5,7% in Italia mentre a livello europeo si ferma al +2,4% (contro le stime che parlavano di un 2,8%). Concludento, nonostante l’inflazione praticamente non stia crescendo, i prezzi restano comunque alti: su base annua, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rimangono a +5,8% (dal +6,1% del mese precedente) mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto passano da +5,6% a +4,8%.
Allargando lo sguardo oltre i confini nazionali, le situazioni sono molto eterogenee nell'Eurozona. I dati Eurostat sottolineano come l’inflazione italiana dell’ultimo anno sia la più bassa (+0,7%), un valore decisamente lontano da quello di Germania (+2,3%), Spagna (+3,2%) e Francia (+3,8%) ma anche da quello dell’area euro (+2,4%). Tale differenza non si nota però se consideriamo gli ultimi due anni, che vedono invece la Francia in fondo alla classifica (+14,4%) prima di Spagna (+17,1%) e zona Euro (+17,7%) con l’Italia a +18,6%. Davanti a Roma c’è solo la Germania, che registra un +19,1%. Come si spiega questa differenza? L'Italia ha già raggiunto e superato il suo picco inflattivo nell'autunno 2022 e ora, sebbene in modo lento, le cose stanno migliorando mentre in altri Paesi la fiammata dei prezzi si è accesa solo nell'estate del 2023.
Come detto in apertura, il rallentamento dell'inflazione è un aiuto per i consumi. Ma fino a che punto? La domanda se l'è posta anche l'Ufficio Studi di Confcommercio Milano, Monza Brianza e Lodi in merito alla destinazione di spesa della tredicesima 2023. Secondo l'associazione, a fronti di valori in crescita i benefici sui consumi natalizi saranno assorbiti dall’inflazione, accrescendo quell’effetto di freno che, con un minor impatto, si era già avuto l’anno passato. Al lordo dell’inflazione, la tredicesima di quest’anno per Milano, Monza Brianza e Lodi peserà 4,337 miliardi di euro (nel 2022, 4,125 miliardi). Il tasso d’inflazione si attesterà, nel 2023, al 6,2% per i territori considerati con una ricaduta sui consumi, al netto dell’inflazione, del - 1,1% rispetto al 2022. Il 53% della tredicesima, 2,287 miliardi, è destinato a diverse spese, a partire da quelle incomprimibili (rate condominiali, mutui, rette scolastiche, premi assicurativi, ecc), fino agli interventi occasionali necessari, come manutenzioni e riparazioni, o altre voci d’acquisto che possono riguardare il benessere della persona. Il 33% del budgetè destinato all’acquisto di beni: alimentare (344 milioni); abbigliamento, calzature, accessori moda (310 milioni); lettronica di consumo (212 milioni); cosmesi ed erboristeria (100 milioni). Un macro-segmento di beni vari (mobili, casalinghi, utensileria e ferramenta, cartoleria e libri, farmaci, fiori, piante e altro) assorbirà 404 milioni di euro. La spesa per viaggi e vacanze sarà di 368 milioni di euro, quella per cene e pranzi fuori casa legati alle festività di 197 milioni e la spesa per spettacoli ed eventi sportivi di 44 milioni.