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Per TEHA il 78,5% degli italiani predilige ristoranti tradizionali e tipici regionali
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Spesa fuoricasa, TEHA: 85 miliardi nel 2024, oltre tremila a famiglia

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- The European House Ambrosetti ricerca - Ristorazione trend - Consumi alimentari fuoricasa TEHA

I consumi alimentari fuoricasa in Italia hanno toccato quota 85 miliardi di euro secondo le rilevazioni di The European House Ambrosetti (TEHA). Un dato che rimane ancora al di sotto dei livelli del 2018 (87 miliardi) e del 2019 (88 miliardi) e un risultato su cui pesa l’inflazione con una pressione sulla capacità di spesa dei cittadini. I dati sono stati presentati alla nona edizione del Forum Food&Beverage di Bormio in cui è emerso come, da oltre dieci anni, la spesa per il cibo, sia in casa sia fuori casa, sia rimasta sostanzialmente uguale.

TEHA: "Per la ristorazione gli italiani spendono oltre tremila euro a famiglia".

I consumi alimentari totali, secondo l'istituto di ricerca, nel 2024 ammontano a 234 miliardi di euro, di cui 150 miliardi per il solo consumo domestico, che ha toccato ovviamente il punto più alto (157 miliardi di euro) nei due anni del Covid (2020 e 2021). Per la ristorazione fuoricasa, gli italiani hanno speso lo scorso anno una media di 3.264 euro a famiglia. Il livello degli attuali consumi alimentari ci riporta ai numeri del 2015. "Alla base di questa stagnazione - ha spiegato Valerio De Molli, ceo e managing partner di TEHA - c’è una dinamica che distingue l’Italia da tutti gli altri Paesi Ocse: è l’unico Paese dove i salari reali medi sono diminuiti dal 2000, con una variazione annua negativa dello 0,2%, mentre la media Ocse registra un aumento dello 0,7%. A ciò si aggiunge la crescita dell’inflazione, in particolare quella alimentare che ha raggiunto un massimo storico del +13,8% a ottobre 2022, erodendo ulteriormente la capacità di spesa delle famiglie italiane".

Nel fuoricasa, il 43% del spesa alimentare dei redditi più alti. 

L’impatto dell’inflazione non è uniforme e colpisce in modo più severo le famiglie con redditi più bassi. Nel 2023, il 78% della spesa delle famiglie con reddito più basso è assorbito da spese incomprimibili, una quota superiore di 25 punti percentuali rispetto alle famiglie con reddito più alto. Questa polarizzazione si riflette chiaramente nelle abitudini alimentari: le famiglie del quinto quintile spendono in media 806 euro al mese per l’alimentazione in casa accettando una spesa maggiore pur di acquistare la stessa tipologia di prodotto, mentre quelle del primo quintile si fermano a 372 euro. La differenza è ancora più forte nel consumo fuoricasa: rappresenta il 43,1% della spesa alimentare per i redditi più alti, appena il 12,5% per i più poveri.

Agli italiani piace il ristorante tradizionale. 

A livello di preferenze di cucina e proposta gastronomica, il 78,5% degli italiani predilige ristoranti tradizionali e tipici regionali e il 67,2% si dice intenzionato ad andarci ancora più spesso in futuro. Allo stesso tempo, emerge una tendenza marcata a cucinare in casa: oltre il 90% del campione aumenterà questa abitudine, non solo per contenere la spesa, ma anche come risposta al bisogno di controllo e qualità del cibo. Tre italiani su 10 manterranno o aumenteranno l’abitudine di ordinare cibo attraverso le app di delivery. "La ripresa dei consumi interni - ha aggiunto Benedetta Brioschi, partner TEHA - rappresenta una condizione fondamentale per il rilancio economico complessivo. La domanda interna sostiene il 60% del Pil nazionale e i consumi alimentari costituiscono una parte fondamentale. Per le imprese dell’agroalimentare, diventa cruciale investire in strategie di accessibilità, qualità percepita e fidelizzazione del consumatore, per recuperare terreno rispetto ai livelli pre-crisi e innescare un circolo virtuoso di crescita sostenuta dalla domanda".

Il peso dei dazi sull'export food&beverage italiano. 

Una strada da percorrere necessariamente se si vuole recuperare, almeno in parte, le perdite dell'export. Sempre a Bormio, TEHA ha rivelato che i dazi americani potrebbero generare una riduzione potenziale di 1,3 miliardi di euro di export food italiano, considerando sia lo sforzo di revisione temporanea dei margini da parte delle aziende italiane sia l’elasticità della domanda al consumo. E visto che molti prodotti sono pressoché insostituibili, la domanda negli Usa favorirà il fenomeno dell'Italian Sounding, ovvero i prodotti agroalimentari che attraverso nomi o immagini evocano il Made in Italy senza essere stati realizzati in Italia. Negli Stati Uniti aumenterà fino al +15% per effetto dei dazi e dagli attuali 7,5 miliardi di euro raggiungerà gli 8,6 miliardi, quasi 1,1 miliardi di euro in più. "Oltre 6 miliardi di euro di alimenti e bevande Made in Italy dei 7,8 complessivi esportati negli USA - ha spiegato De Molli - sono prodotti che non hanno alternative sul mercato statunitense e perciò difficilmente sostituibili. Se questo può essere un vantaggio in termini di impatto sulle esportazioni, quando i dazi entreranno in vigore faranno crescere l’Italian Sounding, un mercato che colpisce soprattutto i prodotti non sostituibili e che oggi vale 69 miliardi di euro nel mondo, uno in più rispetto all’export agroalimentare italiano. Ciò significa che riducendo queste imitazioni l’export agroalimentare del nostro Paese potrebbe anche raddoppiare, specie negli Stati Uniti”.

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